sabato 16 novembre 2019
Aperta a Taranto una seconda indagine, mentre i lavoratori pensano di opporsi allo spengimento degli altoforni. Ciò potrebbe causare danni gravi all'impianto e colpire gli interessi nazionali
Giorni convulsi per l'ex Ilva di Taranto. E il futuro è davvero incerto (Ansa)

Giorni convulsi per l'ex Ilva di Taranto. E il futuro è davvero incerto (Ansa)

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Altri sviluppi giudiziari e non solo per la vicenda dell'ex Ilva di Taranto, dopo la decisione di abbandonare la partita da parte della multinazionale ArcelorMittal.

Il fascicolo d'indagine avviato, dopo l'iniziativa della Procura di Milano, dal procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo, a carico di ignoti ipotizza la violazione dell'art.499 del Codice penale: "Distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali ovvero di mezzi di produzione". Si tratta dello stesso reato avanzato dai commissari Ilva nell'esposto presentato oggi in Procura a Taranto dopo il disimpegno di ArcelorMittal. Il fascicolo è al momento assegnato al procuratore Capristo e al procuratore aggiunto Carbone.

Per sostenere tale ipotesi, ora appunto al vaglio dei magistrati, i commissari ritengono che la decisione di ArcelorMittal di adottare un cronoprogramma per lo spegnimento degli impianti degli siderurgico possa danneggiare gli stessi. Si sottolinea, inoltre, che lo stabilimento di Taranto è strategico dal punto di vista nazionale.

Il ricorso chiede di adottare in tempi brevi provvedimenti in grado di preservare la continuità della produttività, quanto meno per tutta la durata del processo civile, da quanto si è saputo, sotto alcuni aspetti, indica una serie di elementi significativi su cui indagare (l'inchiesta è esplorativa).

In particolare le verifiche, oltre che sulle comunicazioni date dal colosso industriale mondiale a partire dallo scorso 4 novembre e dell'impatto che possono aver avuto sull'andamento del mercato internazionale dell'acciaio, puntano ad appurare se sia in corso o meno un "depauperamento" del ramo d'azienda che gli indiani vogliono retrocedere. Considerato che, si evidenzia nel ricorso, la situazione di impianti, magazzini e portafoglio clienti non è più uguale a quella di quando il polo siderurgico è stato consegnato ad Arcelor Mittal. Anzi, le modalità affrettate di restituzione, rischiano di causare danni irreparabili al ciclo produttivo e di distruggere l'azienda. Quello che ora si vuole evitare.

Lo sciopero al contrario. Per non fare morire la fabbrica

La soluzione sembra drammaticamente lontana ma gli operai dell'ex Ilva non vogliono rendersi complici della morte della fabbrica. Due settimane per resistere con il cronoprogramma di sospensione degli impianti consegnato da ArcelorMittal che ha fatto scattare
il conto alla rovescia. E l'idea dell'insubordinazione annunciata ieri dal leader della Uilm Rocco Palombella, per non spegnere gli impianti viene rilanciata anche oggi da Francesco Brigati, coordinatore delle Rsu Fiom dell'ex Ilva e componente della segreteria provinciale della Fiom, che parla dell'ipotesi di "una sorta di sciopero al contrario". Anche se, precisa, "ogni decisione comunque andrà condivisa con le altre sigle e i lavoratori".

Le Rappresentanze sindacali unitarie dei sindacati metalmeccanici hanno convocato per lunedì mattina, alle ore 11, il consiglio di fabbrica dello stabilimento siderurgico ArcelorMittal di Taranto, allargato ai delegati sindacali delle imprese dell'indotto, per decidere eventuali iniziative di mobilitazione. Brigati afferma che si stanno "prendendo in considerazione anche modalità che sarebbero diverse dalle forme solite, come manifestazioni classiche o scioperi".

Il problema, fa rilevare l'esponente della Fiom, è che "anche se gli altiforni restano in marcia, il governo deve chiedere di
garantire le materie prime per consentire il proseguimento delle attività e della loro funzione. Senza materie prime la produzione si ferma". A favore dell'insubordinazione si sono già espressi i sindacati del settore elettrico, annunciando che "i lavoratori delle centrali non procederanno ad alcuna fermata degli impianti e di conseguenza rigettano al mittente la improvvida comunicazione aziendale".

Le segreterie Filctem-Cgil, Flaei-Cisl Reti, Uiltec-Uil e Ugl-Chimici spiegano che "anche il settore elettrico rischia di subire una notevole ripercussione occupazionale dalla parziale e/o totale chiusura degli impianti produttivi dello stabilimento Ilva. Sono 100 i dipendenti diretti, al netto dell'indotto, più 9 lavoratori già in Cigs, allocati nelle due Centrali elettriche (Cet 2 e Cet 3)".

L'indotto in crisi

Rischia di deflagrare anche la vertenza dell'indotto. Le imprese che attendono il saldo delle fatture da parte di ArcelorMittal aspetteranno fino a lunedì. "Se questi soldi non arriveranno - teme Vincenzo Castronuovo della Fim Cisl - è molto probabile che le aziende metteranno in libertà i dipendenti. Siamo già stati convocati da Confindustria Taranto per martedì prossimo. Bisogna fare di tutto per disinnescare quella che sta già diventando una vera bomba sociale".

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