lunedì 25 settembre 2017
L’alopecia è dura da affrontare, ieri il primo raduno nazionale di chi ne è affetto. Aver perso peli e capelli significa affrontare gli «sguardi taglienti della gente»
Bambini bullizzati da difendere, malattia da riconoscere: le alo(s)pecia(li

Non credete siano arrendevoli, soprattutto le donne. E non pensate manchi loro la voglia di vivere, come pure di combattere. L’alopecia è durissima da affrontare, perdere peli e capelli significa, come minimo, dover affrontare «gli sguardi della gente, che possono essere lame molto taglienti» - spiega Tiziana Rinaldi –, dopo essersi già impegnati ad accettare se stessi anche glabri. È una malattia autoimmune e «in un effetto domino può innescarne altre», aggiunge Paola Mele.

Non se ne sa molto ancora, ad esempio non si conoscono le cause. La certezza invece è che chi ne viene colpito (il due per cento della popolazione mondiale) vuole che sia riconosciuta la malattia, non fosse per poter smettere di doversi pagare le cure (e non tutti ne hanno la possibilità) e magari per non dovere sborsare un bel po’ di quattrini anche le parrucche e la dermopigmentazione (entrambe costose, ma entrambe spesso decisive proprio nell’accettazione della malattia).

Dopo un paio d’anni di condivisioni e reciproci consigli virtuali (sulla pagina Facebook “Alopecia & friends” e sul sito www.alopeciaareataandfriends.com), ieri hanno deciso d’incontrarsi e così in un ristorante capitolino si è tenuto il primo raduno nazionale di chi è affetto da alopecia. Sono arrivate un’ottantina di persone dalla Sicilia e dal Veneto, dalla Puglia, dalla Lombardia e da mezza Italia.

«Abbiamo due battaglie da affrontare – ha detto Claudia Cassia -, la prima perché i bambini che soffrono la nostra malattia smettano di essere bullizzati e ghettizzati, la seconda appunto per fare in modo che il Servizio sanitario nazionale riconosca l’alopecia». Intanto la Mattel ha creato e donato alle bambine con alopecia “Ella”, una Barbie calva, che può indossare parrucche, turbanti oppure niente. E la “Cesare Ragazzi” un pallone firmato da Manolo Gabbiadini per i maschietti.

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