venerdì 20 settembre 2013
​Nella solennità di San Gennaro l'arcivescovo parla della città come «patria sempre più amara». Replica il sindaco De Magistris: soffriamo ma possiamo farcela, serve una parola forte del governo per avviare le bonifiche.
COMMENTA E CONDIVIDI
Usa parole forti l’arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe nel giorno dedicato alla solennità di San Gennaro. Parla di una «Napoli sull’orlo di un grave collasso». Di una società «vittima del profitto e dell’accaparramento brutali che porta ad un vero e proprio stupro ambientale, pagato a carissimo prezzo dai più poveri, ma che colpisce, attraverso la diffusione di malattie terribili e spesso incurabili, una grande fascia della popolazione». C’è un malessere, osserva ancora l’arcivescovo, «che ha molte facce: tutte insieme intristiscono e deturpano il volto di quella Napoli splendente e di tante virtù civiche che non possono diventare solo un richiamo del passato». Al primo posto, tra le gravi emergenze indicate, quella ambientale che riguarda alcune aree della Campania. Si tratta di uno stupro alla natura, «non solo di un reato ma un vero e proprio peccato sempre più diffuso in questa società egoistica e consumistica». Napoli, dice Sepe, si affida ancora una volta a San Gennaro che «con la sua vita ha testimoniato la sincerità e la profondità del suo essere discepoli di Cristo». Alle 9.41, il vescovo della Chiesa di Benevento, martirizzato nel lontano 305, non delude i napoletani che lo considerano «un amico sincero e leale, un confidente, un parente che ci accompagna e vive accanto a noi, nei nostri vicoli, nelle nostre strade, nelle nostre famiglie». Alle 9.41, sventola il fazzoletto bianco sull’altare, si sente la batteria dei fuochi d’artificio: segni che si è ripetuto il prodigio della liquefazione del sangue. Il cardinale Sepe lo annuncia in un duomo gremito all’inverosimile, tra autorità civili e militari, dal membri della famiglia reale del Belgio, Alberto II con la moglie Paola Ruffo di Calabria, al vicepresidente del Csm, Michele Vietti, dall’ambasciatore della Svizzera in Italia, Berardino Regazzoni al sottosegretario al Mibac, Ilaria Borletti Buitoni, oltre ai rappresentanti delle istituzioni locali, tra cui il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris e, per la celebrazione delle 11, il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis. «Napoli – dice ancora il cardinale Sepe – è sempre più una patria amara. Chi resta è costretto a difendere le scarse aspettative con le insidie forti e sfacciate di una criminalità organizzata sempre più feroce e priva di scrupoli». Tuttavia la città non vuole arrendersi. «Ma – secondo Sepe – occorre far emergere le tante potenzialità, camminando sulle proprie gambe, con l’aiuto di uomini e donne di buona volontà che vogliano e sappiano amarla e accompagnarla in questo cammino».Replica il sindaco De Magistris. «Napoli non è una città al collasso, è una città che sta risorgendo, soffre per la crisi, ma può farcela». «Occorre una parola forte del governo – ha aggiunto – l’esecutivo deve dare i fondi per bonificare le aree della province di Napoli e di Caserta. È un diritto che noi campani abbiamo». Su un punto però arcivescovo e sindaco sono d’accordo: «C’è bisogno di uno sforzo comune, perché la città può farcela», aggiunge De Magistris. «Anche in questo momento tra i più oscuri della sua storia», aveva sottolineato il cardinale Sepe.Al termine della liturgia l’arcivescovo ha portato l’ampolla con il sangue liquefatto all’esterno della cattedrale. Tutti partecipano all’evento: tra tanti fedeli c’è anche una delegazione di venti detenuti in permesso-premio.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: