sabato 8 marzo 2014
I reati vanno dallo spaccio all’omicidio. Senza risorse le comunità di accoglienza. I dati del dipartimento di Giustizia minorile.
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Piero, nome di fantasia, ha 17 anni ed è originario della provincia di Roma. Un anno fa, facendosi spalleggiare da un coetaneo, ha aggredito un quindicenne, tentando di estorcergli del denaro. Il ragazzino, impaurito, ha raccontato tutto ai genitori e il giorno dopo, all’appuntamento per la consegna, si è fatto accompagnare dai Carabinieri che, appostati a pochi passi, al momento giusto sono intervenuti. Risultato: una denuncia per il complice e l’arresto per aggressione e tentata estorsione per Piero, poi accompagnato a Roma in un centro di prima accoglienza. Non è un caso raro: gli ultimi dati del Dipartimento di Giustizia minorile, aggiornati al primo semestre 2013, indicano come in soli sei mesi siano entrati nei centri di prima accoglienza (dislocati in tutta Italia, da Trieste e Palermo) 1.056 minorenni (864 ragazzi e 192 ragazze), il 53% metà di nazionalità italiana (552) e il resto stranieri (504). Tra il 2006 e il 2012, dicono dati del Dipartimento Giustizia minorile e degli uffici di servizio sociale per minori, gli imputati con meno di 18 anni presi in carico dagli «uffici di servizio sociale» sono cresciuti da 14.744 a 20.342. A scorrere l’elenco dei reati, l’inquietudine sale, perché il bullismo giovanile praticato da Piero non è neppure la vera emergenza: si va dall’omicidio volontario (203, commessi negli anni presi in esame, compresa l’efferata uccisione in Calabria, un anno fa, della sedicenne Fabiana, accoltellata e bruciata dal fidanzato diciassettenne) a rapine, furti e traffico di droga, ma anche violenze sessuali (804 episodi) e lesioni dolose (3.725 casi). Non solo: i servizi sociali per i minori, lamentano avvocatesse esperte di giustizia minorile come Rita Perchiazzi e Maria Giovanna Ruo, sono già poco presenti in molte aree del Sud e ora hanno ridotto il numero di educatori, assistenti sociali e psicologi. Inoltre, «aumentano le violenze in famiglia e le procedure separative conflittuali in cui figli diventano strumenti di vendette contro il coniuge». E la penuria di finanziamenti pubblici crea ulteriori disagi: «Le comunità d’accoglienza non riescono ad accettare nuovi ingressi dei minori, perché sono senza risorse».Di infanzia e adolescenza ha discusso ieri a Roma un gruppo di esperti e associazioni di settore, in un incontro nella sede del Partito democratico, al termine del quale sono state diffusi dati tratti da rapporti ufficiali (Unicef, Istat, Censis, ministeri di Giustizia e Interno) sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. «Stiamo lavorando a un’Agenda Infanzia – spiega  Davide Faraone, responsabile Scuola e Welfare del Pd – da portare a Palazzo Chigi per farla diventare agenda di governo». Le analisi confermano come il settore giudiziario non sia l’unico in sofferenza. Resiste ancora, ad esempio, un «fortissimo divario» tra le regioni italiane, nella spesa per i servizi all’infanzia: in Emilia Romagna si spendono 543 euro pro-capite, seguono Liguria (461 euro),Valle D’Aosta e Lazio (403) e via via le altre, fino alla maglia nera, la Calabria, con 55 euro, meno del 10% della prima in classificata. Un’Italia a due velocità pure in materia di asili nido: in media, nel nostro Paese, i posti disponibili sono 146 su ogni mille residenti. Tra i Comuni che superano tale cifra, fa sapere il settore Welfare del Pd, ci sono Bologna (276), Firenze (240), Trento (228), Venezia (210), mentre restano sotto la media Napoli (29), Palermo (36), Campobasso, Sassari. Ancora, per i bimbi tra 0 e 3 anni, i Comuni spendono in media 1.242 euro pro capite. Ma, mentre a Trento, Venezia, Firenze, Roma e Bologna spendono cifre più alte, restano sotto la media nuovamente Napoli, Campobasso, Palermo e Potenza. Infine, il 17% dei bambini in Italia viva sotto la soglia di povertà: «Si tratta di una delle percentuali più alte tra quelle registrate nei Paesi industrializzati», lamenta Faraone. Non solo: «L’Italia è al 22esimo posto su 29 Paesi a economia avanzata per condizioni dell’infanzia, al 25esimo per istruzione e al 21esimo per le condizioni abitative e ambientali». Dati che non ci fanno onore e sui quali il governo presto potrebbe iniziare a ragionare.
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