venerdì 12 febbraio 2021
Secondo Via Nazionale, «la progressiva diffusione dei vaccini potrebbe determinare l’insorgere di interessi economici da parte di gruppi criminali»
Allarme Bankitalia: la pandemia è un affare per tutte le mafie

Ansa

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Nuovo allarme della Banca d’Italia per gli affari della criminalità organizzata sull’emergenza Covid-19. Anche sulla gestione dei vaccini. A meno di un anno da un primo documento del 16 aprile 2020, l’Uif, l’Unità di informazione finanziaria di via Nazionale avverte sul «rischio di infiltrazioni criminali» che «si annida sia nei tentativi di accaparramento delle provvidenze e commesse pubbliche sia nell’interesse a gestire direttamente o indirettamente imprese operanti in settori economico- produttivi oggi più attrattivi o in crisi a causa della pandemia».

E tra i settori che «presentano vulnerabilità accentuate» l’Uif indica «il comparto dei presidi medico- sanitari, come pure i settori immobiliare, edile, dei servizi di pulizia, tessile, turistico, della ristorazione e della vendita di prodotti alimentari, dei servizi funerari e dei trasporti». Due le forme di infiltrazione utilizzate dalle mafie. Da un lato quelle «tradizionali sempre più invasive, che si concretizzano nell’estromissione dei titolari attraverso attività usurarie o estorsive o nell’utilizzo di prestanome». Dall’altro «meccanismi fraudolenti, in genere basati su fatture per operazioni inesistenti, finalizzati nell’attuale contesto epidemiologico a ottenere vantaggi fiscali o erogazioni pubbliche non dovute».

Per questo, è il forte invito di Bankitalia, «resta essenziale il monitoraggio dei ruoli chiave delle imprese per cogliere se, negli assetti proprietari, manageriali e di controllo, vi siano soggetti privi di adeguata professionalità che appaiono come prestanome, specie se si tratta di individui noti per il coinvolgimento in indagini o per la connessione con contesti criminali, come pure se ricorrano strutture artificiosamente complesse ovvero opache, che ostacolano l’individuazione del titolare effettivo, eventuali collegamenti con Paesi o aree geografiche a rischio elevato ovvero frequenti variazioni nella compagine sociale o dell’organo amministrativo». In particolare per quanto riguarda il comparto sanitario, l’Uif lancia un preoccupato allarme.

«La progressiva diffusione dei vaccini potrebbe determinare l’insorgere di interessi economici da parte di gruppi criminali e quindi di tipologie di illeciti simili ad altre già individuate in connessione con la pandemia, quali manovre speculative, fenomeni corruttivi, condotte fraudolente o distrattive con riferimento al commercio di vaccini, delle loro componenti, di test per la rilevazione di positività al virus o di falsi medicinali».

E un altro allarme arriva per «l’incremento di possibili comportamenti illeciti nel settore dei giochi e delle scommesse, soprattutto online». In particolare «l’impiego di strumenti di pagamento in via pressoché esclusiva e per importi significativi per operazioni connesse al comparto, specie da parte di nominativi privi di occupazione, ovvero l’utilizzo di carte di pagamento intestate a esercenti, ovvero a loro familiari o collaboratori, che potrebbero realizzare forme illegali di interposizione nell’attività di gioco». L’Uif, sempre in tema di riciclaggio mafioso, è poi particolarmente preoccupata per le «misure previste per contenere gli effetti della pandemia, e il riconoscimento di detrazioni fiscali a fronte dell’esecuzione di specifici interventi » che «si accompagna alla possibilità di cedere in maniera generalizzata i relativi crediti di imposta, al fine di agevolarne la monetizzazione».

Ed elenca i rischi: l’eventuale natura fittizia dei crediti stessi; la presenza di cessionari dei crediti che pagano il prezzo della cessione con capitali di possibile origine illecita; lo svolgimento di abusiva attività finanziaria da parte di soggetti privi delle prescritte autorizzazioni che effettuano plurime operazioni di acquisto di crediti. Per questo sottolinea «l’esigenza di monitorare le operatività connesse con le cessioni di crediti fiscali, al fine di evitare che la monetizzazione dei bonus sia realizzata con capitali illeciti», calibrando «la profondità e l’intensità dei presidi antiriciclaggio». Controllando anche che i contributi non siano usati per finalità diverse da quelle previste come, ad esempio, trasferimenti verso l’estero o l’acquisto di beni di lusso nonché operazioni di cambio in bitcoin.

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