sabato 12 giugno 2010
Enrico Letta: «Sulle intercettazioni sarà un Vietnam». Alfano: «Sinistra demagogica prepara tattiche dilatorie». Maroni replica all’uscita del vice di Bersani: «Non si evocano certi fatti». Di Pietro vuole occupare Montecitorio. I finiani: «Testo da cambiare». Franceschini annuncia: scriverò al presidente dell’assemblea affinché garantisca che il voto conclusivo non arrivi prima di settembre.
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Va avanti a colpi di Costituzione la battaglia sulla legge per le intercettazioni, approvata giovedì dal Senato. Pd, Idv e Udc si appellano all’articolo 21 sulla libertà di stampa. Il guardasigilli Angelo Alfano replica con l’articolo 15 sulla privacy. Le opposizioni fanno leva sul presidente della Camera, per prendere tempo e convincere i finiani a unirsi alla minoranza, nel tentativo di modificare il testo. A Montecitorio,  promettono, sarà lotta dura. Di Pietro è pronto per una riedizione dell’occupazione fatta in Senato. Sia in commissione che in aula, per la maggioranza «sarà un Vietnam», per dirla con il vicesegretario pd Enrico Letta. Ma soprattutto la maggioranza non speri in nuovi "blitz": il capogruppo dei democratici Dario Franceschini è pronto anzi a scrivere al presidente Fini, perché il Pd «non accetterà forzature sui tempi» e sul regolamento, in base al quale, a suo dire, il testo non dovrebbe approdare in aula prima di settembre.La richiesta, dunque, arriverà ufficialmente a giorni: «Il disegno di legge è alla Camera in terza lettura, è stato 14 mesi a Montecitorio in prima lettura, un anno e 15 giorni al Senato, dove ha subito delle modifiche rilevanti che lo hanno peggiorato. Per esaminarlo occorrono i tempi regolamentari», spiega Franceschini, che ricorda come, «in base al regolamento, il provvedimento non può arrivare in aula prima di settembre». Servono tempi congrui per il dibattito, mentre «il calendario di giugno e quello trimestrale – insiste Franceschini – sono stati già approvati, e noi siamo contrari a cambiarlo; a questo punto lo può modificare solo una decisione monocratica del presidente».Ed è proprio Fini l’ancora a cui sperano di aggrapparsi i partiti di opposizione, certi di poter contare sul sostegno della pattuglia dei fedelissimi del presidente. Già ieri la direttrice del "Secolo" Flavia Perina ha spiegato i punti non graditi del testo, che – dice – «cercheremo di modificare». Nella maggioranza, comunque, regna l’ottimismo. O almeno si ostenta. Il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto non ha intenzione alcuna di rinviare a settembre e si dice certo che «esistono tutte le condizioni per un dibattito parlamentare normale che si concluda prima dell’estate». Dello stesso parere il ministro della Giustizia, dopo un incontro con il premier: «La sinistra demagogica pratica tecniche dilatorie e metodi perditempo che hanno un solo scopo: ignorare il diritto alla riservatezza e alla privacy dei cittadini. Per la sinistra, l’art. 15 della Costituzione, semplicemente, non esiste», dice.Il clima insomma resta teso e l’ipotesi della fiducia non è scongiurata, malgrado le raccomandazioni dei presidenti delle due Camere. Il Pd non solo è pronto, come assicura il segretario Bersani, a fare la sua parte («C’è da combattere alla Camera»), ma si dice sicuro che il Pdl non reggerà l’urto. Di ben altro parere il fronte del centro destra, con il ministro dell’Interno Roberto Maroni che rimbecca la sortita bellicosa del vicesegretario: «Non mi pare una bella espressione quella di elogiare il Vietnam, detta poi da uno di sinistra come Enrico Letta...».
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