giovedì 5 novembre 2015
Quarantasei imputati, i protagonisti della "cupola" che gestiva gli appalti con metodi mafiosi Carminati e Buzzi assistono in teleconferenza.
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​Con l'appello degli imputati da parte del presidente della decima sezione penale del tribunale Rosanna Ianniello ha preso il via il processo a Mafia Capitale in un'aula Occorsio ridotta a una bolgia per il gran numero di avvocati, loro assistenti e giornalisti presenti. L'ex Nar Massimo Carminati, ritenuto il promotore dell'associazione di stampo mafioso, è collegato in videoconferenza dal carcere di Parma, mentre il presidente della cooperativa 29 giugno Salvatore Buzzi da quello di Tolmezzo. Tra gli imputati in aula ci sono l'imprenditore Daniele Pulcini e Luca Odevaine, l'ex componente del Tavolo di coordinamento nazionale per l'accoglienza dei richiedenti asilo, che ha ottenuto due giorni fa gli arresti domiciliari dopo undici mesi trascorsi in carcere. Mafia Capitale, è l'associazione di stampo mafioso che, con peculiarità tutta sua (ben diversa dalle organizzazioni criminose tradizionali), ha operato a Roma e nel Lazio fino allo scorso anno corrompendo pubblici funzionari, amministratori di società ed esponenti politici puntando ad alterare e ad aggiudicarsi appalti per centinaia di milioni di euro. Il tutto attraverso la forza di intimidazione che derivava dal vincolo associativo e la condizione di assoggettamento e di omertà, e, secondo l'accusa, sotto la guida di Massimo Carminati, soprannominato "er Cecato" perché guercio, che negli anni '70 fu tra i protagonisti dell'eversione nera. Il dibattimento, risultato della complessa inchiesta condotta dalla Procura che dal 2012 è guidata da Giuseppe Pignatone, si annuncia lungo e complesso come indicano i numeri: 46 imputati, in buona parte detenuti (tra carcere e arresti domiciliari), centinaia di testimoni da convocare, migliaia le intercettazioni di cui sarà chiesta la trascrizione, 3-4 udienze a settimana già calendarizzate almeno fino al prossimo luglio e da celebrarsi sempre nell'aula bunker di Rebibbia (attrezzata per le videoconferenze). I difensori hanno ottenuto la presenza nelle celle dell'aula di tutti i detenuti. Solo tre dovranno rassegnarsi a seguire il dibattimento a distanza, per l'intera sua durata, e si tratta di figure chiave del procedimento: l'ex esponente del gruppo armato di estrema destra dei Nar, Massimo Carminati, rinchiuso nel carcere di Parma e il solo a essere sottoposto al regime del 41 bis, Salvatore Buzzi, il presidente della cooperativa 29 giugno indicato come grande manovratore del sistema corruttivo, detenuto a Tolmezzo, e Riccardo Brugia, amico di Carminati, che si trova nella casa circondariale di Terni. Carminati è ritenuto dalla Procura il capo e il promotore dell'associazione di stampo mafioso che faceva affari con imprenditori collusi e con rappresentanti del mondo politico e istituzionale di Comune e Regione. Brugia, quale suo braccio destro, era secondo l'accusa non solo il custode delle armi (mai trovate, per la verità) a disposizione del sodalizio, ma gli viene attribuito anche un ruolo di organizzatore dell'associazione criminosa al pari di Buzzi e del manager Fabrizio Franco Testa. L'ex ad di Ama, Franco Panzironi, viene definito dall'accusa pubblico ufficiale a libro paga, come pure Carlo Pucci, dirigente di Eur spa. Tra gli altri imputati ci sono anche Mirko Coratti (già presidente dell'assemblea del consiglio comunale di Roma), Pierpaolo Pedetti (consigliere comunale), Luca Gramazio (consigliere regionale), Giordano Tredicine (consigliere comunale), Andrea Tassone (ex presidente del Municipio X, Ostia). Ieri le prime quattro condanne, pesantissime, emesse dal gup in abbreviato: tra tutte spicca quella di 5 anni e 4 mesi inflitta a Emilio Gammuto, collaboratore di Buzzi, al quale è stata riconosciuta l'aggravante di aver agevolato l'associazione mafiosa.
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