giovedì 20 ottobre 2016
​Marco Dotti, giornalista e docente universitario: «La Nazionale brand appetitoso a basso prezzo. Ora è stata svenduta».
Al tavolo dell'azzardo il piatto forte è il calcio
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Mettendo tutti e due i piedi dentro la Nazionale, l’industria dell’azzardo ha decisamente alzato l’asticella. Troppo? «Forse», risponde Marco Dotti, ma pensa: «Speriamo». Speriamo che il boccone sia troppo grosso per l’ingorda Intralot. E le rimanga di traverso. Marco Dotti, giornalista a 'Vita' e docente di 'Professioni per l’editoria' all’Università di Pavia, è attento analista del fenomeno dell’azzardo. Tra i fondatori nel Movimento No Slot, con Marcello Esposito ha curato l’edizione italiana dello studio finora più importante realizzato al mondo, quello dell’antropologa del Mit di Boston, Natasha Dow Schüll ( Architetture dell’azzardo) e Ludocrazia. Un lessico dell’azzardo di massa, un vero e proprio dizionario con la collaborazione di molti ricercatori. Dopo i singoli club, l’azzardo seduce la Nazionale. Dotti, che cosa sta succedendo? La strategia dell’industria dell’azzardo è chiara, anche se stavolta ha alzato di molto l’asticella, scatenando le reazioni che sappiamo. Vuole mangiarsi il calcio, tutto quanto. Da sempre cercano di aprirsi varchi nel sociale, lusingando le associazioni, cercando di infilarsi nelle scuole. Ora si prendono la Nazionale, che è di tutti, non solo degli appassionati di calcio. L’accordo con la Federcalcio sembra quasi una provocazione, un atto di forza. Vediamo fin dove possiamo spingerci. Eppure le scommesse sportive costituiscono un percentuale minima del fatturato dell’azzardo. Intanto bisognerebbe conoscere i termini dell’accordo. Con le cifre che girano, se davvero i milioni sono tra i 2 e i 4, il calcio italiano s’è venduto per un piatto di lenticchie. Un dato importante: l’accordo riguarda tutte le Nazionali, non solo quella dei 'senatori', ma anche quelle giovanili. Né va dimenticato che cos’è Intralot, scommesse ma anche slot; e che il suo è un mercato globale. Sul calcio si scommette ovunque, dall’Europa all’America all’Asia. Presentarsi su queste piazze con la prestigiosa Nazionale italiana nel taschino aiuta. Credo che Intralot, e non solo lei, guar- di ai prossimi Mondiali. Per il 2018 perfino la Russia di Putin pare abbia promesso aperture all’azzardo. In altri termini, la Nazionale italiana è un prodotto globale e rientra in un progetto globale, anche e soprattutto per questo fa gola. Dunque la nostra Nazionale sarebbe un brand appetitoso pagato sotto costo? Sì, e non comprendo quale interessa abbia la Federcalcio a farsi spolpare in questo modo. Con le scommesse è la finanza a mangiarsi il calcio? Sarebbe un errore pensare che quella dell’industria globale dell’azzardo sia una semplice sponsorizzazione, prima ai singoli club, ora alla Federcalcio. Si tratta della ben più ambiziosa strategia di penetrazione di una multinazionale nel mondo del calcio. Non un accordo tra semplici privati, ma con una società concessionaria di Stato. Davvero una bella frittata. L’accordo sembra prevedere «interventi informativi e preventivi». Di che si tratterà? Non saprei. So però che l’industria dell’azzardo sta facendo di tutto per garantirsi coperture e dimostrare che agisce 'a fin di bene'. Infatti non perde occasione per accusarvi di 'proibizionismo' e rivendicare a sé il merito di contenere l’azzardo illegale.  Tra legale e illegale il confine è assai scivoloso e tutte le indagini della magistratura sulle penetrazioni delle mafie dimostrano l’intreccio tra i due livelli. In realtà i signori dell’azzardo spostano la discussione su questo terreno affinché non si parli di ciò che realmente conta: l’azzardo è una grave patologia sociale e quello legale non fa meno male di quello illegale. Il prodotto è nocivo in sé. Non è un prodotto di consumo come gli altri. Comodo, e sleale, dare del proibizionista a chi non lo è, ma si sta solo facendo carico di un’emergenza sociale. Morale della vicenda? Sarebbe bastato vietare la pubblicità, come chiediamo da sempre, e nulla di tutto questo sarebbe accaduto. Hanno lasciato aperta la porta e questo è il risultato. Adesso occorre vigilare: l’azzardo non deve colonizzare il sociale, pervertendo il senso stesso della parola 'gioco'.
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