mercoledì 3 agosto 2022
Nel borgo dove viveva l’ambulante ucciso venerdì scorso in strada Caritas, Comune, scuola e singoli cittadini raccolgono fondi per sostenere la vedova e il figlioletto. Via libera ai funerali
Il luogo in cui Alika è stato ucciso a sangue freddo sabato scorso da Flippo Ferlazzo, per aver chiesto con troppa insistenza l'elemosina alla sua fidanzata

Il luogo in cui Alika è stato ucciso a sangue freddo sabato scorso da Flippo Ferlazzo, per aver chiesto con troppa insistenza l'elemosina alla sua fidanzata - Ansa

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Nessuna indifferenza. E nemmeno paura di accogliere nella propria comunità chi ha la pelle nera ed è venuto qui da tanto lontano per cercare una vita migliore. A San Severino Marche, nell’entroterra Maceratese, si è aperta una gara di solidarietà che sembra senza barriere per la famiglia di Alika Ogorchukwu. È la città che lo ha accolto e sostenuto, con la moglie e il figlioletto, per dieci anni, prima di essere pestato a morte da un passante, venerdì scorso, alle due di pomeriggio nella via principale di Civitanova, dove tentava di vendere sotto la canicola accendini e fazzoletti ai turisti. E a San Severino sarà sepolto. Lo hanno deciso ieri i familiari del 39enne ambulante di origine nigeriana appena ottenuto dalla procura di Macerata il nulla osta per la restituzione del corpo. Non è ancora fissata, però, la data del funerale perché si attende l’arrivo in Italia dei parenti della vittima. Le esequie verranno celebrate nel rito della Chiesa Evangelica, la confessione di appartenenza dell’uomo, ucciso a mani nude per strada dall’operaio salernitano di 32 anni Claudio Giuseppe Ferlazzo davanti a un negozio di corso Umberto I, nella cittadina adriatica. Forse per uno sguardo di troppo o per l’insistenza dell’africano nel chiedere l’elemosina. Futili motivi. La magistratura non ha chiuso l’inchiesta. Intanto l’assassino, reo-confesso, accusato anche di aver rubato il cellulare della vittima, rimane detenuto nel carcere di Montacuto.

Le spoglie di Alika riposeranno dunque nel cimitero del piccolo borgo, non lontano dalla casa di via San Michele dove ha abitato con la moglie Charity Oriakhi e il figlio Emmanuel di 10 anni, che a San Severino frequenta l’Istituto Comprensivo Tacchi-Venturi. «Era un omone simpatico, aveva una faccia da buono ed era un tipo tranquillo» racconta un’abitante del paese che lo incontrava quasi tutte le mattine mentre percorreva in bici viale Mazzini per recarsi alla stazione a prendere il treno per Tolentino, Macerata o Civitanova. Ultimamente si muoveva a piedi con l’ausilio di una stampella perché un anno fa venne investito da un’auto e ancora portava i postumi di una frattura a una gamba. A San Severino vivono pure il cognato di Ogorchukwu con la famiglia, cinque persone in tutto: anche loro sono perfettamente integrati nel contesto sociale, come gli altri immigrati nigeriani e la nutrita comunità di albanesi che è arrivata qui dai primi anni ’90 per andare a lavorare nelle fabbriche di jeans o come muratori o manovali: «Sono grandi lavoratori e non hanno mai dato problemi, le mogli fanno le badanti o le domestiche, i figli giocano a calcio o a pallavolo nelle squadre locali e tra loro c’è chi frequenta l’università a Camerino perchè vuole laurearsi» racconta un commerciante del rione Settempeda. «Anche Alika non dava fastidio a nessuno – aggiunge un panettiere del centro storico –, spero che la sua morte almeno non sia vana».

Una raccolta di fondi per aiutare Charity ed Emmanuel è stata promossa dal Comune che ha stipulato pure una convenzione con l’amministrazione comunale di Civitanova (la quale ha già stanziato 15mila euro). È una sottoscrizione a cui possono partecipare tutti. E c’è amche l’impegno a trovare un lavoro stabile per la vedova. La sindaca di San Severino, Rosa Piermattei, nel 2019 celebrò in Municipio il matrimonio civile di Alika e Charity, a cui seguì qualche giorno dopo quello religioso nel rito protestante. I due si erano conosciuti quindici anni prima a Padova, dove arrivarono dopo rocamboleschi viaggi a bordo di barconi e camion, dal Mediterraneo e lungo lo Stivale. Abitarono prima a Prato e poi scelsero San Severino perché ci vivevano dei parenti. «Siamo tutti sconcertati per quell’orribile morte – commenta monsignor Aldo Romagnoli, vicario foraneo e responsabile Caritas – ma la famiglia di Alika deve sapere che la Chiesa locale è pronta e disponibile ad aiutarla: nei prossimi giorni mi incontrerò con i volontari del centro di ascolto per verificare ciò di cui c’è bisogno e come poter provvedere nell’immediato». Anche la scuola di viale Bigioli dove il bambino da settembre frequenterà la quarta elementare ha fatto sentire il proprio abbraccio alla famiglia: il dirigente Sandro Luciani ha annunciato che promuoverà «forme di solidarietà» per garantire il diritto allo studio del piccolo. «La nostra città è rimasta attonita per questo omicidio brutale – afferma la sindaca Piermattei –, un delitto che non ha giustificazioni. Ma noi, come Comune, ci siamo sempre, per questa famiglia come per tutti i cittadini che hanno bisogno: abbiamo aiutato un paio di volte gli Ogorchukwu con buoni spesa Covid e per pagare una bolletta troppo alta. Continueremo a farlo. Ma Alika – conclude Piermattei – era orgoglioso e voleva provvedere da solo a mantenere la famiglia».

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