giovedì 29 aprile 2010
La Procura generale della Cassazione: «Violano la Carta e le norme europee». La richiesta in seguito a un caso avvenuto a Catania: una coppia aveva ottenuto la possibilità di adottare bambini a patto che non fossero di colore. La Suprema Corte si pronuncerà a breve.
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I genitori adottivi non possono rifiutare un bimbo di colore: ha chiesto ieri di sancirlo una volta per sempre il sostituto Procuratore generale della Cassazione, Aurelio Golia, alle sezioni unite civili della Corte suprema. A sollecitarne una pronuncia definitiva era stata l’Associazione amici dei bambini (Aibi), per un caso a Catania, dove il Tribunale dei minori aveva accolto la richiesta d’adozione di una coppia col vincolo di non accettare piccoli di colore.Una richiesta, quella del sostituto Pg, contro una discriminazione che oltre a violare la nostra Costituzione (in particolare il principio di uguaglianza tra le persone), viola anche numerosi trattati internazionali ai quali l’Italia ha aderito, tra i quali la Convenzione dell’Aja del 1993 sull’adozione dei minori, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la Convenzione internazionale dell’Onu del 1965 sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale. E proprio in considerazione di queste violazioni interne e internazionali, la Procura della Cassazione ha condiviso il ricorso presentato dell’Aibi e lo ha fatto proprio. Così, con la richiesta di accoglierlo, la Procura stessa ha sollecitato una decisione della Cassazione che appunto impedisca ai genitori di operare scelte razziste.In particolare, nel suo ricorso, l’Aibi aveva sottolineato che «la dichiarazione "mercantile" delle coppie come quella catanese, avallata dalla decisione del Tribunale, contrasta con il principio del migliore interesse del minore e rivela semplicemente una mancanza di requisiti necessari negli aspiranti genitori, posto che il minore che la coppia si affretta ad accogliere presenterà certamente alcune problematiche in più rispetto ad un minore che ha subito meno traumi».Probabilmente arriverà in tempi brevi la decisione della Sezioni unite civili. Poiché, vista la delicatezza della materia e la circostanza che si tratta di minori, quasi certamente le motivazioni saranno depositate prima dei canonici trenta giorni dalla data dell’udienza di ieri mattina nell’aula magna del "Palazzaccio", presieduta dal Primo presidente Vincenzo Carbone.Occorre valutare «l’effettiva capacità delle coppie di farsi carico di queste differenze», secondo il sottosegretario Carlo Giovanardi, presidente della Commissione adozioni internazionali. «La requisitoria della Procura generale della Cassazione, giustamente – va avanti – chiede che in nessun atto giudiziario italiano possa essere contenuto un principio di discriminazione contrario alle nostre leggi e alle convenzioni internazionali recepite nel nostro ordinamento». Al contrario è «molto più complesso invece il meccanismo di verifica sulla effettiva disponibilità delle coppie e sulla loro capacità di accogliere le differenze, che costituiscono l’essenza stessa dell’adozione internazionale, quali quelle di cultura, di lingua, di colore, di età».Del resto Antonino Napoli, vicepresidente dell’Osservatorio sui diritti dei minori, sottolinea che «adottare un bimbo è un atto d’amore, non da supermercato», ed è «tempo che si faccia finalmente chiarezza e si arrivi anche a pensare alla possibilità di dichiarare inidonee le coppie che pongono preclusioni di sorta». È soddisfatto dall’orientamento del Pg della Cassazione anche il Cifa, ong che si occupa di adozioni internazionali: «Per altro – annota il presidente, Gianfranco Arnoletti – già da tempo alcuni Tribunali non facevano più menzione nei decreti a tali discrimini. Certo è che le coppie arriveranno sicuramente più preparate di fronte al giudice, e spesso, sapendo di rischiare, non faranno affermazioni di questo tipo».
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