domenica 10 novembre 2019
Dopo il "fango" di Bibbiano, gli enti si mettono in rete e lanciano la proposta. Ma in tre anni saranno tagliati altri due milioni di euro
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Il sistema adozioni risponde al fango del caso Bibbiano con una straordinaria operazione di rilancio e di trasparenza. Per la prima volta nella storia trentennale del paradigma Italia, inaugurato dalla legge del 1983, tutti gli enti autorizzati – formalmente 51, in realtà 49 – hanno dato vita a un’unica cabina di regia. Associazioni, comunità, onlus e fondazioni parleranno con una voce sola e insieme, finalmente, si confronteranno con le istituzioni per chiedere il rilancio dell’adozione internazionale. Scelta solidale nel segno del bene comune che si fonda su tre grandi azioni positive: dare una famiglia a un bambino che ne è privo (150 milioni gli orfani nel mondo secondo i dati Unicef); introdurre un dato controcorrente nell’andamento demografico del nostro Paese; offrire una testimonianza coraggiosa di impegno familiare senza barriere razziali e culturali in una società dilaniata da vecchi e nuovi fantasmi di chiusura e di intolleranza. Certo, le mille adozioni scarse dell’ultimo anno rischiano di rappresentare una voce flebile per questi importanti obiettivi. Sono lontane le 4.300 adozioni del 2010, anche se i tanti cambiamenti a livello internazionale, alcuni episodi contingenti e la crisi del triennio 2014-2016 determinato dalla paralisi della Commissione adozioni internazionali (Cai), hanno finito per pesare oltremisura.

Da qui la scelta degli enti di invertire la rotta e tentare un’operazione unitaria in qualche modo storica. Insieme per contare di più. D’altra parte il sistema adozioni Italia è ancora il secondo del mondo dopo gli Stati Uniti e sarebbe davvero imperdonabile disperdere questo capitale di esperienza, di contatti, di esempi e di testimonianze. «Siamo perfettamente consapevoli che le adozioni internazionali hanno subìto cambiamenti profondi, ma le coppie italiane rimangono una risorsa importante per i bambini che attendono una famiglia. Dobbiamo però dare loro la concreta speranza del fatto che la genitorialità adottiva rimanga un percorso reale, possibile, e soprattutto percorribile in modo trasparente», fa notare Pietro Ardizzi, lunga esperienza nel settore come responsabile del settore adozione di Avsi, oggi coordinatore del nuovo tavolo “Adozioni 3.0”. Con lui nella cabina di regia anche Gianfranco Arnoletti (Cifa Torino), Cinzia Bernicchi (Aibi Milano), Anna Torre (Ariete Napoli), Maria Virgillitto (Asa Catania).

All’esordio di “Adozioni 3.0” una grande proposta e un grande rischio. La prima riguarda l’urgenza di semplificare il sistema dei rimborsi. In attesa di una nuova legge quadro ormai ineludibile perché i 36 anni trascorsi dal varo della “184” si sentono tutti, gli enti uniti chiedono al governo di avvicinarsi progressivamente al traguardo dell’adozione gratuita con un rimborso unico forfettario di 10mila euro per ogni adozione conclusa. «Una soluzione che farebbe risparmiare allo Stato cifre importanti e permetterebbe alle coppie di poter contare su una quota sicura». Oggi il sistema rimborsi – più o meno il 50 per cento di quanto effettivamente speso dalle famiglie – comporta ritardi e complicazioni burocratiche. Da qualche mese sono state messe a disposizione le risorse per le adozioni 2011-2017 dopo anni di silenzio, ma tutto tace per il 2018 e per l’anno in corso.

Purtroppo le notizie per il futuro non sono incoraggianti. Ed è questo il grande rischio segnalato dagli enti. Ammontano a circa due milioni di euro in tre anni infatti i tagli previsti dal bilancio di previsione 2020-2022 per il Fondo adozioni (542mila euro in meno nel 2020, oltre 610mila euro nel 2021 e oltre 933mila euro di ammanchi per il 2022). «Scelta preoccupante da parte dell’esecutivo – riprende il responsabile della cabina di regia di “Adozione 3.0” – perché segnala, nonostante le recenti e positive affermazioni del ministro Bonetti, che è anche presidente Cai, sulla necessità di rilanciare l’istituto dell’adozione, un proseguimento nella pratica dell’atteggiamento di disinteresse verso questo settore». Anche perché i tagli renderebbero quasi impossibile il varo delle tante iniziative ipotizzate dagli enti per favorire il rilancio del sistema. Per esempio la creazione di reti professionali per sostenere le famiglie nel cosiddetto “dopo-adozioni”, momento sempre difficile ma oggi ancora più complesso vista l’età media elevata dei minori che arrivano dai Paesi di provenienza e le condizioni talvolta impegnative sotto il profilo psico-fisico (special needs). Tra le altre proposte allo studio per semplificare il percorso – e quindi attirare l’interesse di nuove coppie – le vacanze preadottive, l’adozione aperta (o mite); l’affido internazionale, l’adozione europea. Ma senza la volontà politica di avviare investimenti adeguati, il rilancio preparato dalla nuova alleanza tra gli enti rischia di rimanere solo un auspicio. «E questo sarebbe gravissimo », conclude Pietro Ardizzi.

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