sabato 10 settembre 2016
​Il patto anti-austerità tra Francia, Italia, Grecia e Portogallo fa arrabbiare Berlino.
Ad Atene nasce l'asse dell'Europa sociale
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L’asse del Sud fa infuriare l’asse del Nord. Il tema, manco a dirlo, la flessibilità sui conti pubblici. E così il vertice di Atene tra i sette Paesi europei che guardano al Mediterraneo (Grecia, Italia, Francia, Malta, Cipro, Portogallo e Spagna) si trasforma in un pretesto per darsele di santa ragione: falchi e colombe, popolari e socialisti, Stati germanocentrici e latini. Con le istituzioni di Bruxelles, imbarazzate, a tenere due piedi in una staffa. E con un importante Consiglio Ue informale fissato a Bratislava il 16 settembre: dovrebbe essere un trampolino per il rilancio dopo lo schiaffo della Brexit, rischia di trasformarsi in un tutti contro tutti. Il punto è l’incontro convocato dal premier greco Alexis Tsipras proprio mentre la sua Grecia è impegnato in un nuovo round negoziale con l’Ue. Il fatto che vi partecipino anche Hollande e Renzi fa infuriare il capogruppo del Ppe all’Europarlamento Manfred Weber: «Si lasciano manipolare da Tsipras e dai suoi soliti giochetti», dice con riferimento al presidente francese e al premier italiano. Difficile non vedere dietro le parole di Weber l’ira di Angela Merkel, la cancelliera che ora è assediata anche dall’ascesa della destra estrema in Germania. Poco dopo anche il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, ci va giù pesante: «Quando i leader socialisti si incontrano il più delle volte non esce nulla di intelligente». È l’apice di settimane di tensioni. Le scelte mal digerite di Mario Draghi e della Bce. I muri che si alzano tra ipocrisie e cecità. Gli sforamenti concessi dal presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker a Spagna e Portogallo. La 'sensibilità' che lo stesso Juncker sta iniziando a dimostrare verso le richieste di maggiore flessibilità avanzate da Renzi e Hollande, i più importanti leader del Pse. Le pressioni dei socialisti in Europarlamento. L’ipotesi di andare a modificare il Patto di stabilità e di far avanzare l’idea - italiana ma non solo - di non conteggiare nel deficit gli investimenti produttivi. Berlino, evidentemente, si sente accerchiata dopo anni di dominio incontrastato. I sei leader riuniti ad Atene fanno però di tutto per allontanare l’impressione 'germanofobica' che aleggia sul vertice. «Non vogliamo dividere ma unire», esordisce Tsipras nella conferenza stampa congiunta. Stesse identiche parole di Hollande. Mentre tocca a Renzi anticipare la piattaforma programmatica del cosiddetto 'Club-Med': «L’Europa non può continuare ad essere solo regole, technicalities, finanza e austerity. Serve l’Europa sociale, degli ideali, della bellezza. Il modello è l’eroe greco, 'kalos kai agathos', bello e buono. L’uomo europeo di domani dovrà essere così». Si vola alto con le parole ma poi il 'documento di Atene' spiega meglio ciò che si vuole ottenere: solidarietà nella gestione dei migranti, raddoppio del piano- Juncker per gli investimenti, spinta alla crescita, protezione delle frontiere e sicurezza, patti con i Paesi africani di transito dei migranti, la riforma della Convenzione di Dublino. Tutti temi pesanti scaricati sul Consiglio di Bratislava della prossima settimana. Non si accenna direttamente alla flessibilità, ma è un derivato logico, quasi scontato, dell’intero documento.C’è anche un altro tentativo politico dietro il vertice di Atene: quello di invertire l’inerzia tradizionale dei Consigli Ue, in cui ora dopo ora si converge verso la posizione tedesca. Un vero e proprio 'patto' dei Paesi del Sud può cambiare il corso dei vertici europei, renderli meno blindati, più politici. L’annuncio di Tsipras, per cui la formula 'Club-Med' si ripeterà in Portogallo, getta altra benzina sul fuoco e fa ulteriormente innervosire Berlino.È chiaro che Renzi e Hollande cercano di usare l’attivismo di Tsipras per i propri fini. Da qui i richiami dei popolari e del governo tedesco a evitare «ambiguità». L’insistenza con cui il Ppe parla di «ulteriori divisioni nell’Unione», la durezza con cui gli europarlamentari del Pse definiscono «patetiche» le accuse dei popolari stanno a indicare anche la fragilità di una legislatura europea nata nel segno delle larghe intese e che ora si sente assediata da una raffica di voti nazionali decisivi: il referendum costituzionale italiano, le elezioni politiche del 2017 di Francia e Germania cui si aggiungerà, per la terza volta consecutiva in pochi mesi, la Spagna. Tra Ppe e socialisti i nervi sono tesi più che mai, dunque, anche perché il Pse non ha alcuna intenzione di autorizzare la prevista staffetta tra il socialdemocratico Schulz e il popolare Weber al vertice dell’Europarlamento di Strasburgo.
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