lunedì 4 dicembre 2017
Dopo averne chiesto la cattura, a sorpresa il Perù rinuncia all'estradizione. E' accusato di una strage di detenuti di "Sendero Luminoso"
Accusato di massacri in Perù, torna libero l'ex ufficiale arrestato in Italia
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Sono trascorsi trentun anni dal 18 giugno 1986. Uno dei giorni più tragici nella storia recente del Perù. Quella mattina, all’alba, il Padiglione azzurro del carcere di El Frontón, a Callao, si ribellò. Là erano reclusi i guerriglieri di "Sendero luminoso", autore di una lotta feroce contro lo Stato. L’allora presidente Alán García diede l’ordine alla Marina di intervenire. I militari martellarono la struttura per ore, con raffiche e bombardamenti: il numero esatto dei morti non si conosce. Alcuni parlano di 118, altri di 124, altri di 140. La mattanza – preludio alla politica della mano dura del successivo governo di Alberto Fujimori – è costata al Perù una dura sentenza della Corte interamericana per i diritti umani, nel 2000. Tra gli uomini che attaccarono El Frontón c’era anche l’allora giovane ufficiale Raúl Edgar Pavia Villanueva: la magistratura peruviana lo accusa di aver guidato uno dei reparti speciali a capo dell’operazione. Ormai 61enne, Villanueva risiede in Italia, a San Giuliano Milanese, con regolare permesso. Là, l’ha raggiunto il mandato di cattura internazionale emesso da Lima. Per tale ragione, l’ex militare è stato arrestato il 24 novembre e ha trascorso dieci giorni nel penitenziario di Busto Arsizio, in provincia di Varese. Ieri, poi, il colpo di scena. I giudici peruviani hanno revocato l’ordine di fermo. Villanueva è stato, dunque, scarcerato. «Il mio cliente ha riconquistato la piena libertà: dato il passo indietro di Lima, non ci sono misure restrittive a suo carico. Riprenderà la sua vita quotidiana: Villanueva risiede in Italia dal 2007, ha una famiglia e lavora in modo legale come autista», hanno spiegato ad "Avvenire" i legali Stefano Marcolini e Alessandro Calabrese.


Raul Edgar Pavia Villanueva, 61 anni, è accusato di essere stato a capo di uno dei reparti delle forze speciali che nel 1986, nel penitenziario di "El Fronto'n" in Peru', intervennero per sedare una rivolta di detenuti, la maggior parte dei quali militanti di ”Sendero Luminoso”, di cui 140 furono fucilati all'interno del penitenziario o mentre tentavano di fuggire verso il mare.

A tempo di record Marcolini e Calabrese avevano approntato una cospicua memoria difensiva, ricostruendo l'intero contesto nel quale il massacro avvenne, nel pieno del "Plan Condor", orchestrato dagli Usa per tenere sotto i talloni l'America del Sud e impedire l'avanzata dei movimenti popolari e di quelli di ispirazione marxista.

Le accuse originariamente a carico di Villanueva lo vedono protagonista di una vera e propria "mattanza" all'interno del penitenziario, dove avrebbe ucciso o ordinato l'uccisione di numerosi detenuti, con l'aggravante della crudeltà. Oltre alle fucilazioni, Villanueva è anche accusato di aver ordinato la conservazione di resti umani all'interno delle gallerie denominate "Pabello'n Azul", poi inceneriti e seppelliti in diversi cimiteri peruviani. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, l'ex ufficiale da qualche tempo si era stabilito in un appartamento residenziale nel centro di Busto Arsizio, e avrebbe svolto saltuariamente attivita'à di trasporti da "padroncino", utilizzando un piccolo furgone.

Villanueva è già tornato in libertà, ma l'improvviso dietrofront dal Perù solleva molti interrogativi. Non è dato sapere se l'ex militare avesse intenzione di collaborare. Le autorità di Lima preferiscono neanche raccogliere la versione dei fatti dell'ufficiale sopravvissuto, quand'era in servizio, a tre attacchi al suo elicottero a 300 azioni in combattimento e a 14 ferite da arma da fuoco. Non un pesce piccolo, per un Paese ancora alla ricerca di verità e giustizia e nel quale si recherà Papa Francesco nel prossimo gennaio.

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