sabato 26 giugno 2010
Esistono cellule che bloccano il rigetto del feto: ma se si inceppa la loro produzione, il sistema immunitario della madre aggredisce l’«intruso». Ricerca italiana: la scoperta utile anche nella lotta ai tumori.
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La gravidanza è notoriamente uno dei maggiori paradossi dell’immunologia: nonostante il feto condivida solo metà del suo patrimonio genetico con la madre, non viene minimamente attaccato come «intruso». Può tuttavia accadere che qualcosa non funzioni e l’embrione venga riconosciuto come estraneo, aggredito dagli anticorpi materni e quindi abortito spontaneamente. Una ricerca tutta italiana svela ora uno dei meccanismi che regolano la fisiologica protezione del feto dall’attacco del sistema immunitario materno e apre la strada allo studio di terapie per ovviare a questo fenomeno. Il lavoro – in corso di stampa ma già disponibile online sul sito della rivista «Proceedings of the National Academy of Sciences» (Pnas) – è frutto dell’impegno di un’équipe genovese: dell’Istituto «Giannina Gaslini», dell’Istituto scientifico tumori (Ist) e dell’Università, coordinata da Maria Cristina Mingari (docente nell’ateneo genovese e direttore dei laboratori di immunologia dell’Ist) e Lorenzo Moretta (direttore scientifico del «Gaslini»). Inoltre il risultato si rivela utile anche nell’oncologia: infatti lo stesso meccanismo è utile alle cellule tumorali per sfuggire all’attacco del sistema immunitario. Partendo dal fatto che nei primi mesi di gravidanza la  madre sviluppa un tipo particolare di cellule, i linfociti T con proprietà immunoregolatorie (Treg), i ricercatori hanno scoperto il meccanismo che permette alle cellule Treg di bloccare il «rigetto» del feto: la chiave è nelle cellule «natural killer» (NK). Queste cellule, che si trovano nel sangue e normalmente uccidono tumori e cellule infettate, nella placenta cambiano il loro comportamento e producono sostanze che inducono la crescita dei tessuti e la formazione di nuovi vasi, importanti per la nutrizione e la crescita del feto. I ricercatori hanno scoperto che le cellule NK, scambiandosi informazioni con un particolare tipo di macrofagi, danno l’ordine di produrre moltissime Treg, che quindi bloccano ogni tentativo del sistema immunitario della madre di eliminare il feto. Ma se il meccanismo viene alterato, le Treg non vengono prodotte e il feto, aggredito dalle cellule NK e dagli anticorpi materni, finisce per essere abortito. Anche se non tutti gli aborti spontanei – avvertono i ricercatori – sono provocati dall’alterazione di questo meccanismo: altre cause possono essere di natura cromosomica, anatomica e ormonale. Infatti, osserva Giorgio Bentivoglio (direttore dell’Unità di Ostetricia e ginecologia del Gaslini), determinante sembra essere anche l’età materna: dopo i 40 anni l’aborto spontaneo ha un’incidenza sulla gravidanza del 20 per cento, a 30 anni meno del 10. Inoltre, sottolinea Paola Vacca (borsista della Fondazione italiana per la ricerca sul cancro e autore principale del lavoro), «un meccanismo simile sembra essere attivo anche in alcuni tumori che riescono a sfuggire al controllo e all’eliminazione da parte del sistema immunitario».
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