mercoledì 30 marzo 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
Ogni 100 ragazzi che entrano in una scuola in Sardegna, ce ne sono 25 destinati ad abbandonarla tra i 10 e i 16 anni. È questo il dato più drammatico relativo alla condizione giovanile, che di fatto consegna all’isola il triste primato nazionale. Qui c’è una media di abbandono superiore al 24%, contro un livello nazionale del 17%. Non solo: le percentuali di difficoltà di apprendimento sono in aumento negli ultimi anni e hanno fatto registrare il 33% in una materia come la matematica e il 27% in lettura. Non si tratta soltanto di un problema formativo, ma anche di un enorme dramma sociale, con ragazzi nel pieno dell’adolescenza che interrompono gli studi e diventano un peso per le famiglie e per i quartieri in cui vivono. Gli stessi ragazzi, successivamente, rischiano di entrare nel 'girone' dei Neet, coloro cioè che né studiano né lavorano. Dai 15 ai 29 anni, infatti, non sono più ricompresi in un percorso scolastico, non partecipano ad attività formative e non hanno alcuna occupazione. Su questo versante, la Sardegna in realtà va meno peggio di Sicilia e Campania, ma si attesta comunque su medie più alte rispetto alla media nazionale, con una presenza di Neet superiore al 27%, più alta del 24% italiano e quasi il doppio dei valori europei, fermi a quota 15%. «Dare risposte al fenomeno della dispersione scolastica e al problema dell’inattività dei nostri ragazzi è da tempo una priorità – spiega il segretario generale della Cisl Sardegna, Oriana Putzolu –. In Sardegna per frenare l’emorragia di giovani in fuga verso altre regioni, è necessario rendere competitive le imprese e vivacizzare il mercato occupazionale: le nuove generazioni vanno dove c’è il lavoro e politiche incisive in grado di migliorare l’economia dell’isola non sono più rinviabili». Diego Motta © RIPRODUZIONE RISERVATA CISL. Oriana Putzolu
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: