mercoledì 1 giugno 2016
​​Il ragazzino di 11 anni che viveva in provincia di Vicenza, costretto a tornare dai nonni perché gli zii con i quali viveva si sono trasferiti a Londra.
Per Rashid ritorno forzato in Bangladesh
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Questa è la storia vera di Rashid (nome di fantasia), ragazzino "in bilico" tra la sua origine straniera e la sua residenza in Italia. In questi giorni la sua vicenda scuote Schio, paese della provincia di Vicenza. Un bangladese di 11 anni, ben integrato a scuola, è stato riportato in Bangladesh e affidato ai nonni perché in Italia non c’è più nessuno che se ne possa occupare. La madre ha scelto infatti di rifarsi una vita in un’altra città, lasciandolo agli zii, il padre è in carcere. Ma proprio quegli zii che finora hanno accudito il nipote, devono trasferirsi a Londra per lavoro e non possono portarlo con loro, perché non c’è il consenso del padre. «Come Comune abbiamo avuto notizie di questa famiglia fino a settembre 2015, perché l’avevamo seguita dopo che il marito era stato arrestato. Il percorso di sostegno aveva avuto buon esito. La famiglia allargata con mamma e zii aveva raggiunto una certa autonomia e serenità. Sugli avvenimenti successivi sappiamo poco», spiega l’assessore comunale ai Servizi sociali Cristina Marigo. Tutto questo ha fatto partire una mobilitazione a favore del ritorno del ragazzino in Italia, dove è pensiero comune - avrebbe una vita migliore. Ma forse il giudizio è dettato dalla pancia. «È vero che i bambini qui hanno maggiori possibilità. E mi risulta che lui sia davvero un bravo scolaro – dice ancora Marigo –. Però è anche vero che il rapporto con il nucleo familiare rimane la cosa più importante. Se lo riportiamo in Italia poi con chi sta? Difficile giudicare, anche se posso capire che la mobilitazione per il suo ritorno venga dal cuore. Ma chi siamo noi per sapere cosa è meglio per lui? Probabilmente a casa sua ha una rete familiare che lo sostiene e che qui almeno per il momento mancherebbe». Nel frattempo Mauro Ciccarese, direttore dell’Unità operativa Infanzia, Adolescenza, Famiglia, dell’Ulss 4 Alto Vicentino, sta verificando che l’espatrio sia stato regolare, e se sussistono possibilità affinché il ragazzo possa tornare in Italia o partire per l’Inghilterra con gli zii, a cui il giudice tutelare di Vicenza l’aveva provvisoriamente affidato. «Stiamo cercando di capire la loro posizione – afferma –, se c’è ancora l’interesse affettivo nei confronti del nipote che avevano manifestato al momento dell’affido e se l’istituzione possa in qualche modo intervenire sempre a tutela del ragazzo e in collaborazione con l’autorità giudiziaria. Non dimentichiamoci che, anche se ha alle spalle un’esperienza di disagio familiare, ha ancora i genitori che vivono in Italia». «Quello che sappiamo è che il bambino in Bangladesh starà con i nonni e che continuerà a frequentare la scuola. Da noi ha cominciato con la prima elementare, oggi è in quinta, quindi ha percorso tutto il ciclo scolastico con grande capacità, si è sempre applicato molto, parla benissimo l’italiano e si è ben integrato – spiega Emilia Pozza, dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo Statale 3 di Schio –. Sui nostri 1.200 studenti, il 10% è di origine straniera, ma anni fa la media era più alta. Sempre più famiglie straniere lasciano l’Italia perché non c’è più lavoro. Oppure succede che rimane il padre e rimanda moglie e figli al Paese di origine. Così molti ragazzi, dopo aver imparato l’italiano, le nostre leggi, essersi creati amicizie, devono partire per un luogo dove dovranno ricominciare. Si ritrovano sradicati».
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