martedì 6 dicembre 2016
E con la vittoria di tutti i No cosa succederà in Italia?
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E CON LA VITTORIA DI TUTTI I NO COSA SUCCEDERÀ IN ITALIA?

Gentile direttore,
i sostenitori del Sì avevano ufficialmente alle spalle solo due gruppi politici collegati al Partito Democratico di Matteo Renzi e ad Area Popolare di Angelino Alfano e soci. A sostenere il No c’erano molti soggetti politici e sociali, per nulla omogenei negli obiettivi. Quindi, le motivazioni per scegliere il No sono state le più svariate: dalla difesa – a oltranza – della Costituzione attuale al voler cambiare il Governo. Poco hanno inciso a mio parere i contenuti scritti della Riforma costituzionale proposta al giudizio degli elettori. Ed era proprio in merito a cosa sarebbe cambiato nelle nostre Istituzioni che hanno insistito sia Matteo Renzi sia gli altri sostenitori della necessità di aggiornare le regole alle trasformazioni intervenute negli ultimi decenni. Ma gli italiani, a maggioranza, hanno preferito mantenere la situazione attuale. Ora, la domanda d’obbligo è: cosa succederà in Italia? Il popolo italiano quali vantaggi potrà avere nel prossimo futuro? Potrà un nuovo Governo mantenere i diversi risultati che abbiamo conseguito negli ultimi anni, anche con gli immutati costi della politica e dei tanti politicanti? La risposta, per quanto mi riguarda, è che questa “scommessa” si poteva evitare...
Giuseppe Delfrate, Chiari (Bs)

QUEL 40% DI RENZI: UN TESORETTO DAL QUALE RIPARTIRE

Gentile direttore,
diciamo la verità: l’esito del voto per il referendum costituzionale è stato palesemente politico più che referendario! Il variegato 60% di elettori italiani che si “identificano” nei vari Grillo, Salvini, Berlusconi, Vendola, D’Alema, Bersani e altri capibastone, che hanno vinto votando No, sono ideologicamente diversi in tutto fra di loro, ma in comune avevano un solo obiettivo: mandare a casa il “non eletto” premier Matteo Renzi, il quale ci ha messo del suo, facendo poi mea culpa, personalizzando troppo il referendum! Unica cosa lieta politicamente a favore di Renzi (anche se la sconfitta... gli brucia!) è che il 40% del Sì è praticamente un “suo” tesoretto di consensi (non da poco per un giovane leader!), da cui ri-partire istituzionalmente venendo stavolta eletto dal popolo, sempre sovrano, visto poi che la “banda” del No farà fatica a trovare la quadra già da subito sulla legge elettorale. Altro che “voto subito”, come proclamato dalla Lega e dai 5 stelle! Prevedo che si andrà a fine mandato parlamentare nel 2018 (anche perché “tengono famiglia” gli attuali deputati e senatori).
Rolando Marchi, Padova

ECCO PERCHÉ SIAMO ORGOGLIOSI DI ESSERE POPULISTI

Gentile direttore,
siamo orgogliosi di essere populisti perché siamo il popolo sovrano. Siamo populisti perché amiamo la nostra Costituzione e la vogliamo cambiare togliendo immunità e privilegi incompatibili con la giustizia sociale. Siamo populisti perché in Italia devono crescere aziende italiane non multinazionali straniere. Siamo populisti perché vogliamo tornare a votare e non essere governati dalla JP Morgan o dalla Philip Morris o da Amazon. Siamo populisti perché le tasse le devono pagare tutti compresa la Fiat che fattasi grande con il Made in Italy se ne va nei paradisi fiscali. Siamo populisti e contrari ai processi nefasti di globalizzazione che impoveriscono tutti e tutto: i profughi vanno aiutati nei loro Paesi; siamo stufi dei camion pieni di merci italiane rubate da vandali che arrivano perché non ci sono controlli ai confini. Siamo contro le delocalizzazioni e contro gli industriali italiani che per non pagare le tasse hanno sputato sull’art. 1 della Costituzione e stanno sfruttando cinesi, pakistani, slavi... e infine siamo orgogliosamente populisti perché la morale in politica esiste e si trova impressa in una Carta meravigliosa, mai applicata compiutamente e che ora cercheremo, con rinnovata speranza, di onorare – spero – insieme.
Carolina Manfredini, Ghedi (Bs)

DOPO LA VALANGA DI NO, VOLONTÀ DI OTTIMISMO

Caro direttore,
il referendum costituzionale, con la sua valanga di No, ha dimostrato ancora una volta come il popolo italiano sia attaccato alla sua Carta. Il premier Renzi che aveva legato il destino suo e del suo governo al Sì, ha deciso di farsi da parte, riconoscendo la crisi. Ora la palla passa al presidente Mattarella. Che cosa succederà in un Paese ancora in forte crisi su vari aspetti? Voglio essere ottimista e continuare a sperare che “il bello deve ancora venire”.
Massimo Aurioso, Piombino (Li)

CORREZIONI NECESSARIE ALLA LEGGE ELETTORALE

Gentile direttore,
se due Camere paritarie sono ritenute d’inciampo, se ne tagli una, ma la trasformazione del Senato rappresenta un problema minore rispetto a quello della governabilità del Paese che dovrebbe essere garantita dalla legge elettorale. Ho letto il regolamento dell’Italicum e a parer mio richiede alcune modifiche per poter essere accettato anche dalle formazioni minori. Lo scenario potrebbe essere il seguente: non è fondamentale che ci siano una o due Camere, bisogna però che il territorio nazionale venga diviso in collegi con numero uguale di elettori; il numero dei seggi sarà corrispondente al numero degli eletti; le forze politiche singole o associate potranno presentare un solo rappresentante per collegio; i primi due partiti o liste di coalizione che avranno più voti al primo turno, andranno al ballottaggio per ottenere un premio di maggioranza corrispondente al 52/55% dei seggi presenti in Parlamento, la rimanenza degli scranni parlamentari verrà divisa in maniera proporzionale (senza soglia di sbarramento) fra le forze politiche uscite sconfitte dalle urne in base ai risultati del primo turno. Sederanno in Parlamento coloro che avranno ottenuto più voti nei collegi dove saranno presentati. Essendo il sistema elettorale di tipo maggioritario, per mitigarne la forzatura, dopo tre anni gli elettori verranno chiamati a una consultazione elettorale per dire se la legislatura può andare avanti fino alla fine naturale dei cinque anni o se si deve ritornare alle urne.
Marco Spinelli, Lentate sul Seveso (Mb)

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