venerdì 12 marzo 2021
Lembo (Us Acli): lo sport non è soltanto la serie A, servono subito aiuti dal governo
Il presidente dell’Us Acli, Damiano Lembo

Il presidente dell’Us Acli, Damiano Lembo - .

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«Saranno ancora tre mesi duri. Di rinunce. Di sacrifici. Di chiusure. Di cassa integrazione. Ma ora in fondo al tunnel si vede una luce… E allora ecco quello che voglio dire ai nostri associati: 'teniamo duro, non molliamo proprio ora. Per dodici mesi abbiamo dimostrato responsabilità, continuiamo a farlo…'». Damiano Lembo, classe 1966, eletto per la prima volta presidente dell’Unione sportiva Acli 4 anni fa con il 97,5 per cento dei voti (oggi al congresso è attesa la riconferma), all’improvviso prova a scuotere la politica. La inchioda alle sue responsabilità. Le chiede un cambio di passo. «Ora, almeno ora, alla nostra responsabilità segua quella del governo. E allora il mio secondo messaggio è per il presidente Draghi. Si cambi marcia. Si mostri una sensibilità nuova verso le imprese che operano nello sport. Hanno sofferto e stanno soffrendo. Nei prossimi mesi la pandemia sarà alle nostre spalle, ma il morso della crisi economica sarà doloroso. È in quel momento che il governo dovrà esserci».

Che Italia vede?
Un’Italia affaticata. Piegata. Sofferente. C’è gente che ha perso il lavoro. Molti sono giovani. Molte sono donne. Meritano un aiuto vero e lo meritano subito. Anche se resistono in silenzio. Anche se non lo chiedono. A noi piace muoverci, viviamo di sport, non siamo un mondo che ama vivere alle spalle del contribuente. Abbiamo sempre dato e continueremo a farlo: 2 miliardi di euro l’anno di contributi al Fisco sono una cifra mostruosa che rivendichiamo con orgoglio. Ma la politica non dimentichi questo mondo. Non lasci nessuno indietro. E dopo due anni di discussioni legate alla riforma dello sport, è arrivato il momento che lo sport diventi centrale anche nel dibattito sui ristori e su quale futuro immaginare per le associazioni che oggi traballano.

Anche perché lo sport ha aiutato tanti giovani a superare la pandemia…
All’improvviso abbiamo riscoperto tutti la voglia di fare sport. E tutti abbiamo capito quanto lo sport pesi sul benessere psicofisico di ciascuno di noi. Pensavo alla riapertura del campionato di calcio la scorsa estate: anche con gli stadi vuoti, è stato un timido segnale di ritorno alla normalità. Ma una cosa deve essere chiara: sport non è soltanto la ultra milionaria industria della serie A.

Sta rivendicando lo spazio degli Enti di promozione.
Già, 15 enti attualmente riconosciuti dal Coni con quasi 8 milioni di tesserati. Insisto: non c’è solo la serie A. Sport sono palestre, piscine, impianti polifunzionali. Sport sono tutte le nostre 95mila società sportive costrette a fare lo slalom tra riaperture e nuove chiusure. E che in questi mesi terribilmente faticosi hanno dimostrato un incredibile senso di responsabilità.

A cosa pensa?
Ai sacrifici fatti, alle rinunce, alla compostezza con cui hanno accettato ogni decisione del governo. Anche quelle che non convincevano. Hanno fatto sforzi mostruosi per rispettare norme e protocolli. Hanno investito capitali. Hanno chiuso quando gli è stato chiesto di chiudere e riaperto in sicurezza, quando gli è stato permesso di farlo. Spesso, troppo spesso, però non hanno trovato un adeguato riscontro nei 'Palazzi' della politica.

Provi a essere più chiaro.
La politica capisce il valore dello sport. Anche di quello dilettantistico. Capisce la forza dei 7 milioni di tesserati sul territorio. Capisce come un anello fondamentale del tessuto sociale del nostro Paese non possa essere trattato con superficialità. Ma i fatti sono mancati. Gli impegni troppo spesso disattesi. E i mesi che verranno dovranno essere mesi di fatti e non più di promesse.

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