lunedì 28 dicembre 2020
Sul traghetto italiano con a bordo quasi 500 passeggeri scoppia un incendio. Accade nel tratto di mare tra Igoumenitsa (Grecia) e il porto di Ancona. Le operazioni di salvataggio della Marina Militare
Un elicottero della Marina Militare sorvola la Normal Atlantic

Un elicottero della Marina Militare sorvola la Normal Atlantic - Marina Militare

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28 dicembre 2014, Canale d’Otranto. Sul traghetto italiano Norman Atlantic, con a bordo quasi 500 passeggeri, scoppia un grave incendio. Accade nel tratto di mare tra Igoumenitsa (Grecia) e il porto di Ancona, a circa 30 miglia dalla costa italiana. Le condizioni meteorologiche si rivelano subito proibitive. C’è mare in burrasca, con onde di oltre sei metri e venti fino a 40 nodi, cioè di circa 75 km/h. Una tragedia che si consuma ogni minuto che passa e che agli occhi di chi è chiamato a prendere il largo e il volo appare subito drammatica. Il bilancio finale fu di 9 morti, 60 feriti e 19 dispersi.

“A sei anni di distanza la memoria di quei momenti resta ancora viva – ricorda il medico e capitano di vascello Domenico Spada, tra coloro che presero parte alle operazioni di salvataggio con il team di soccorso della Marina Militare -. Nella notte tra il 28 e il 29 dicembre dall’aeroporto di Grottaglie, a bordo di un elicottero, sono stato trasportato nel Canale di Otranto. La Norman Atlantic era in preda alle fiamme e completamente in balia delle onde. Abbandonata a se stessa. Io e i miei colleghi abbiamo messo piede sulla nave ancora in fiamme tramite l’utilizzo del verricello – racconta l’ufficiale -. Le operazioni di soccorso sono subito partite grazie all’intervento di alcuni elicotteri della Marina Militare. I naufraghi venivano tratti in salvo attraverso il verricello e trasportati su Nave San Giorgio che operava in zona e coordinava le intere operazioni di soccorso. Lavorammo per tutta la notte e fino al giorno successivo – aggiunge Spada -. Solo quella notte sono state salvate almeno 150 persone. Per me un’esperienza intensa che resterà davvero irripetibile e indimenticabile”.

Una persona viene tratta in salvo a bordo di un elicottero durante i soccorsi ai passeggeri della Norman Atlantic

Una persona viene tratta in salvo a bordo di un elicottero durante i soccorsi ai passeggeri della Norman Atlantic - Marina Militare

Il recupero dei passeggeri della Norman Atlantic mise a dura prova uomini e mezzi, a partire dagli elicotteri e dai piloti che dovevano volare e operare sopra una nave andata letteralmente a fuoco con le fiamme che si alzavano alte dai ponti superiori. La principale preoccupazione dei soccorritori era quella di riuscire velocemente a evacuare i naufraghi nel minor tempo possibile. Infatti, il rischio era che la nave in fiamme poteva capovolgersi.

“Quel giorno fui chiamato dallo Stato Maggiore della Marina in quanto la situazione al largo di Otranto stava precipitando – dice il capitano di fregata Maurizio Albini -. Le condizioni meteo stavano diventando davvero proibitive. Nel tardo pomeriggio fummo trasferiti alla base di Grottaglie. Decollai poco dopo la mezzanotte dove mi trovai in questa scena a dir poco apocalittica: quando arrivai sul posto si vedevano ancora le esplosioni e le fiamme che fuoriuscivano dalla fusoliera della nave – ricorda l’ufficiale pilota -. Dopo una serie di tentativi siamo riusciti a capire dove poter effettuare l’avvicinamento nel migliore dei modi. C’era una notevole presenza di fumo e questo ci impediva di osservare al meglio la scena delle operazioni. Tuttavia, grazie anche alla presenza del personale che precedentemente, con il verricello, era stato lasciato a bordo della nave in fiamme durante le ore diurne, siamo riusciti a coordinare l’inizio delle operazioni. Inizialmente abbiamo preso a bordo cinque-sei persone per elicottero – dice Albini -. Poi man mano che si prendeva confidenza con la situazione siamo arrivati a prendere a bordo dodici-tredici persone”.

Le operazioni andarono avanti tutta la notte: “Una volta che prendevamo le persone dalla Norman Atlantic appontavamo a bordo di una delle nostre unità, ossia Nave San Giorgio e il Durand de La Penne, che precedentemente durante tutto l’arco della giornata erano presenti a fianco della Norman Atlantic. È stata una notte che mi ricorderò per tutta la vita, non solo perché ho cercato di mettere a frutto la mia esperienza in qualità di pilota navale, ma anche perché ho toccato con mano la capacità della Marina di poter operare in qualsiasi condizione grazie al supporto delle navi. Quella notte era come avere un aeroporto in mezzo al mare e ciò ha permesso di poter portare a termine le operazioni di salvataggio”, sottolinea Albini che solo con il suo elicottero ha tratto in salvo almeno cinquanta persone. Soltanto quella notte, sul ponte di volo di nave San Giorgio si sono susseguiti senza sosta i decolli e gli appontaggi di tre elicotteri della Marina portando in salvo circa 150 persone issate a bordo attraverso l’impiego del verricello.

In primo piano Nave Durand de La Penne. Sullo sfondo la Norman Atlantic

In primo piano Nave Durand de La Penne. Sullo sfondo la Norman Atlantic - Marina Militare

Un punto di forza dell’imponente operazione di soccorso, durata più di 24 ore, fu il cacciatorpediniere Durand de La Penne e la nave anfibia San Giorgio, sede del comando, coordinamento e controllo dell’operazione di soccorso che, grazie alla disponibilità di un ampio ponte di volo per l’impiego di elicotteri leggeri e pesanti, nonché di rilevanti capacità medico-sanitarie e di ampi spazi di ricovero per i naufraghi, ha consentito rendere più veloce il trasferimento di 215 naufraghi.

Un’impresa coraggiosa frutto del lavoro di squadra

L’utilizzo della componente aerea nella tragedia della Norman Atlantic tra il 28 e il 29 dicembre 2014 si rivelò determinante per l’esito delle operazioni: dodici elicotteri, di cui 7 della Marina Militare, 2 del corpo delle Capitanerie di Porto e 3 dell’Aeronautica Militare, insieme a due aerei della Capitaneria di Porto e uno dell’Aeronautica Militare fecero la differenza, così come fecero la differenza gli uomini che si calarono con il verricello dagli elicotteri per trarre in salvo i passeggeri. Il successo dell’operazione è dipeso in gran parte dall’azione di due componenti fondamentali della Marina, quella aerea e quella navale, unitamente ai mezzi del corpo delle Capitanerie di Porto e dell’Aeronautica Militare. Tutto ciò senza dimenticare l’impegno e lo spirito di abnegazione, fin dalle fasi iniziali dell’intervento, tramite elicottero, degli aero-soccorritori dell’Aeronautica Militare. Tra i mezzi navali, oltre al San Giorgio e al Durand de La Penne vennero impiegate 3 motovedette della Guardia Costiera, 5 rimorchiatori civili e 9 navi mercantili.

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