sabato 19 ottobre 2013
I protagonisti della polemica che agita il centro si incontrano a un convegno in memoria di Martens (Ppe). Dove l’ex premier ribadisce che le sue dimissioni sono irrevocabili. Pesa il nodo della decadenza del Cav. Il senatore a vita: «Si voleva snaturare Sc, andando con un Pdl non deberlusconizzato» ormai diviso nelle sue diverse anime.​
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​Lo strappo di Mario Monti da Scelta civica è definitivo. Lo ha ribadito ieri mattina lo stesso senatore a vita, rispondendo al coro di chi gli chiedeva di tornare indietro dal suo passo, annunciato nella tarda serata di giovedì. «Non mi occuperò più del partito che loro stessi mi hanno chiesto di fare», ha detto nel corso di un convegno in memoria di Wilfried Martens, defunto presidente ppe del Parlamento europeo, che si è tenuto nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani.Poco prima dell’appuntamento c’è stato un breve incontro tra lo stesso Monti, il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini, i ministri Mario Mauro (Sc) e Gaetano Quagliariello (Pdl), con loro il segretario udc Lorenzo Cesa e il pidiellino Maurizio Sacconi. Ai quali si è aggiunto il vicepremier e segretario del Pdl Angelino Alfano. Mauro si dice dispiaciuto per le dimissioni e ritiene che Monti non abbia rotto. Subito dopo arriva la gelata: sono irrevocabili. A «snaturare» il progetto sarebbero stati «alcuni senatori considerati autorevoli», insieme a Mauro e Casini.Sono due i punti che Monti – il quale si sente «tradito» dai suoi – ribadisce come cause della sua decisione: il mancato appoggio di tutto il gruppo nella critica alla legge di stabilità; volontà di non finire in un Pdl che non si sia prima «emendato di certe personalità». Approdo europeo (al quale pura il tecnico aveva lavorato), "finanziaria" e decadenza di Silvio Berlusconi sono, insomma, i tre nodi di questa intricata partita che si gioca all’ombra del governo Letta e delle grandi manovre tra i vari attori dell’area centrista in rapporto alle due grandi aggregazioni, Pd e Pdl. Resta, come convitato di pietra, il destino politico di Berlusconi. Non a caso Alfano lancia subito la proposta di una «grande centrodestra» con il Cavaliere, per rafforzare il bipolarismo (progetto in cui conta su un pezzo di Scelta civica). Che fa esultare il "lealista" Raffaele Fitto per il quale la giornata di ieri «segna un importante risultato» per l’unità del partito.La goccia che ha fatto traboccare il vaso per Monti è stato proprio l’incontro Mauro-Alfano-Berlusconi dell’altro giorno, unito alla difesa a spada tratta dell’operato del governo da parte del ministro della Difesa. Accusato apertamente dal montiano Gianfranco Librandi di voler «svendere» Sc a Berlusconi. Sulla decadenza di Berlusconi, Casini prende tempo e fa sapere di non aver ancora deciso come votare. E a Monti replica dandogli del «rissoso» e definendo le sue accuse «ridicole». Gelido il commento del Prof: «Il rigore intellettuale e l’autorità morale del presidente Casini sono tali che non mi permetto di commentare le sue importanti parole». E ribadisce che c’era una volontà di portare Sc verso «un’entità» non ben definita, ma con dentro «il Pdl non ancora deberlusconizzato».Occhi puntati, dunque, al direttivo di martedì sotto la presidenza del vicario, Alberto Bombassei (mentre viene sconvocata l’assemblea dei senatori prevista per lo stesso giorno). Proprio a Palazzo Madama si rincorrono voci secondo cui il gruppo di 12 senatori che con un documento ha rinforzato la posizione filo-governativa starebbe per dar vita a un nuovo gruppo "popolare", per aggregare i moderati dei due principali schieramenti. In questa prospettiva a Villafranca Padovana oggi Cesa, Quagliariello e Mauro con il ministro per lo Sviluppo economico, Flavio Zanonato (Pd) si troveranno a discutere di «Partito Popolare, futuro dei moderati».La discussione in Sc è accesa e non se ne intuiscono gli approdi. «Monti sa quello che fa, è un uomo responsabile, di grande intelligenza», dice l’ex ministro Andrea Riccardi. Numerosi sono gli sforzi e gli appelli per l’unità, da Bombassei, che chiede a Monti di ripensarci, allo stesso Mauro, che ribadisce l’esigenza di sostenere le larghe intese, ma auspica anche il dialogo interno. Anche Lucio Romano uno dei firmatari del documento pro governo si dice «stupito» che sia stato letto come sfiducia a Monti. E rigetta l’accusa di aver usato il movimento, rivolta a Mauro da Ilaria Borletti Buitoni. Che in polemica con il ministro della Difesa starebbe meditando, insieme al viceministro allo Sviluppo, Carlo Calenda - entrambi montiani ed esponenti dell’ala liberale di Sc - di uscire dall’esecutivo.
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