A Roma si sta cercando il corpo del giudice Adinolfi, scomparso nel 1994
In un tunnel nel parco della Casa del Jazz, bene confiscato alla Banda della Magliana, gli investigatori scavano per trovare elementi su un mistero che dura da trentuno anni

Il 2 luglio 1994, al mattino, il giudice Paolo Adinolfi uscì dalla sua abitazione romana in via della Farnesina per recarsi in tribunale. «Torno per pranzo», disse alla moglie Nicoletta, salutandola. Poi si diresse in viale Giulio Cesare, alla biblioteca del Tribunale Civile, che aveva frequentato quando era giudice fallimentare (seguendo pure casi legati alla criminalità), prima di divenire, appena venti giorni prima, consigliere di Corte d’appello. Aveva 52 anni. E a casa, per pranzo, non tornò mai. La sua Bmw fu ritrovata al Villaggio Olimpico. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, dopo essere passato in biblioteca, aveva raggiunto lo sportello bancario interno al tribunale per effettuare il trasferimento di un conto corrente. Poi verso le 11, dopo essere passato in ufficio a piazzale Clodio, si era recato in un ufficio postale nella zona del Villaggio Olimpico, da dove aveva spedito un vaglia da 500mila lire alla moglie. Da lì, in base ad alcune testimonianze, sarebbe salito a bordo di un bus per raggiungere l'abitazione di sua madre nel quartiere Parioli. In quell'edificio, nella cassetta postale, furono poi trovate le chiavi di casa e della sua automobile. Ma altri testimoni riferirono di averlo incontrato su un autobus diretto verso la stazione Termini e nel quadrante sud della Capitale. Altri ancora dichiararono di aver visto accanto a lui, negli uffici giudiziari, un giovane sconosciuto. In ogni caso, le ricerche non diedero alcun esito, lasciando il fascicolo della sua scomparsa senza una spiegazione. Si pensò a un incidente, a un'amnesia, ma fra le piste ce n'era anche una legata alla Banda della Magliana, in merito alla bancarotta della società Fiscom, che avrebbe avuto legami con personaggi del sottobosco criminale romano.Tuttavia le indagini, affidate per competenza alla Procura di Perugia (titolare dei casi che riguardano magistrati in servizio a Roma), si chiusero ogni volta con l'archiviazione.

La segnalazione dell'ex magistrato sulla galleria dei misteri
Trentun anni dopo, a sorpresa, quel mistero riaffiora dal passato, su richiesta di un altro magistrato, l’ex gip di Roma Gugliemo Muntoni, attuale presidente dell’Osservatorio sulle politiche per il contrasto alla criminalità economica della Camera di commercio capitolina. Da lui è partita la richiesta che ha spinto Polizia e Carabinieri a iniziare nuove ricerche, con l’ausilio di cani “molecolari”, nelle antiche gallerie che si trovano sotto la Casa del jazz. La villa era appartenuta alla famiglia di Artuto Osio, banchiere che la edificò negli anni Trenta del Novecento, e poi era passata di mano in mano fino a quelle rapaci del “cassiere” della Banda della Magliana, Enrico Nicoletti, al quale nel 2001 venne confiscata dalla magistratura per poi essere destinata dal Comune a parco pubblico e area per concerti. «Trent’anni fa trovammo quella galleria interrata, con una botola d’accesso - ricorda Muntoni -. Il sospetto è che sia stata interrata per nascondere qualcosa. La prima ipotesi è stata quella di armi, esplosivi, oggetti preziosi o documenti. Poi astrattamente potremmo trovare dei corpi. E uno dei corpi ipotizzati è quello del giudice Adinolfi: è una cosa che chiedo da 29 anni».

Gli scavi continueranno
Gli scavi si sono interrotti nel pomeriggio, ma riprenderanno. Le operazioni sono coordinate dalla prefettura di Roma, in collaborazione con Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia. L'edificio della Casa del jazz si trova all'interno di un parco bene confiscato proprio alla banda della Magliana che era stato poi assegnato al Comune di Roma. Sul posto è intervenuta anche la sovrintendenza capitolina, dato che nel parco - che si trova a ridosso delle Mura aureliane, a poche decine di metri dalla Cristoforo Colombo, si trovano resti di vestigia dell'epoca romana. Resta abbottonato il prefetto della Capitale Lamberto Giannini: le verifiche sono state disposte, si limita a dire, «non perché si stia cercando in particolare qualcosa, ma perché si è avuto notizia che, nel bene confiscato alla Banda della Magliana ci sta una galleria che è stata tombata, non conosciuta ed è giusto verificare cosa ci sia dentro».

La famiglia di Adinolfi: rispettate il nostro dolore, ora dobbiamo solo aspettare
«Dobbiamo solo aspettare, non si può dire altro», dice ai cronisti Lorenzo Adinolfi, figlio del giudice, giunto davanti all’ingresso del parco, dove stazionano gli inviati di giornali e tv. Lui, la sorella Giovanna e la madre Nicoletta spiegano di aver appreso dai media degli scavi e di non esser stati informati prima: «Chiediamo a tutti silenzio e rispetto per il nostro dolore infinito». E sulla vicenda interviene l’avvocatessa Laura Sgrò, legale della famiglia di Emanuela Orlandi, la 15enne scomparsa nel 1983 a Roma: «Non bisogna lasciare nulla di intentato», considera, ricordando che il fratello della ragazza, Pietro, «in passato aveva ricevuto la segnalazione che in quel tunnel potessero esserci i resti di Emanuela, ma si trattava di una delle tante segnalazioni arrivate».
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