giovedì 2 novembre 2017
Nei palazzi della periferia bergamasca divenuti simbolo di illegalità e incuria, vivono italiani e stranieri. L’impegno comune di associazioni e inquilini ha consentito il ripristino dei servizi
Murales e attività all’ombra delle "Torri" di Zingonia hanno coinvolto in questi anni gruppi di adolescenti, grazie alle iniziative della cooperativa "Il Pugno aperto": a Verdellino, molti spazi sono stati valorizzati con orti sociali. Per vincere il degrado, ancora molto diffuso, è nato il progetto "Orizzonte Zingonia"

Murales e attività all’ombra delle "Torri" di Zingonia hanno coinvolto in questi anni gruppi di adolescenti, grazie alle iniziative della cooperativa "Il Pugno aperto": a Verdellino, molti spazi sono stati valorizzati con orti sociali. Per vincere il degrado, ancora molto diffuso, è nato il progetto "Orizzonte Zingonia"

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Nelle terre di nessuno, la distanza tra chi vuole distruggere e chi vuole costruire si misura nella capacità di fare un passo indietro, sedersi intorno a un tavolo e provare a immaginare. Immaginare qualcosa di diverso dal baratro in cui si è sprofondati, per oblio, noncuranza e illegalità. Tutti insieme: italiani e stranieri, istituzioni e società civile. A Zingonia, un territorio della Bergamasca fino a pochi anni fa considerato perduto, che negli anni ’60 l’imprenditore Renzo Zingone sognava come nuovo polo urbanistico, oggi bisogna entrare dalla parte delle 'Torri', in località Verdellino.

Nei palazzoni abitano centinaia di persone, di 20 nazionalità diverse, per troppo tempo sconosciute le une alle altre. L’emergenza è sempre stata la regola, a livello edilizio e sociale. Degrado allo stato puro. «Il segnale simbolico più eclatante è stato nel 2014 il cedimento delle fognature» racconta Maurizio Di Simone, uno degli inquilini storici. «Come palazzo C, ci siamo detti: siamo al bivio, o ci rialziamo o sprofondiamo definitivamente». Serviva, per quanto possibile, la partecipazione di tutti. Il ruolo di una cooperativa venuta da fuori, come 'Il Pugno aperto', capofila di un nuovo progetto, e l’impegno dei cinque sindaci del territorio competenti sull’area ( Verdellino, Verdello, Ciserano, Osio Sotto e Boltiere) sono stati fondamentali.

Per rispondere alle emergenze di base (fogne, fornitura d’acqua, luce e gas) e per dare finalmente il segno di una presenza. «Si è fatto un lavoro di mappatura per conoscere chi c’era negli appartamenti, abbiamo nominato con fatica dei capiscala che facessero da referenti. In pratica: quando c’erano dei problemi, si doveva sapere a che porta andare a bussare » racconta Eleonora Moretti, responsabile dell’area tutela minori e famiglie della cooperativa. La mediazione sociale, insieme alla rinata consapevolezza di alcuni inquilini, poi tradottasi nella creazione di un’associazione, 'La Rinascita', non sarebbero comunque state sufficienti senza il ripristino del principio di legalità: arriva così il giro di vite contro le occupazioni abusive, le operazioni contro i piccoli caporali che ammassavano 1520 persone in pochi metri quadri, la lotta a delinquenza e spaccio nei parchi circostanti.

«Per far capire che l’aria era cambiata, una mattina all’alba è stato mandato un elicottero delle forze dell’ordine. Girava intorno ai palazzi, all’altezza delle finestre, mentre sulle scale avevamo organizzato un blitz con 100 carabinieri» spiega Silvano Zanoli, sindaco di Verdellino, dei cinque Comuni il più esposto nella connection delle 'Torri'. È un primo cittadino leghista, dopo amministrazioni di centrosinistra, e non è un particolare da poco. Perché spiega che pregiudizi e ostilità contano poco, quando si ha da gestire una situazione incancrenita.

Occorrono invece, come in questo caso, pragmatismo e buon senso. Ecco allora la scelta della Ztl, la zona a traffico limitato, e poi l’attivazione delle telecamere per controllare le piazze dello spaccio. Quindi c’è stato il lavoro sulla comunità, che ha coinvolto parrocchia e oratorio, ha sensibilizzato, sia pur con molte difficoltà, i più diffidenti nei confronti delle prime novità, si è concretizzato nel progetto di rilancio 'Orizzonte Zingonia'. Era l’ultima spiaggia e bisognava ripartire da un minimo di regole condivise: una presenza fissa in portineria, i corsi di doposcuola per i ragazzi, i progetti per la riqualificazione del verde, le attività sul territorio dei giovani. Nulla è stato risolto in maniera definitiva e grandi problemi rimangono, ovviamente.

«Aleggia ancora uno spirito distruttivo, in tanti non si sono arresi e continuano a soffiare sul fuoco dell’emergenza ca- sa» dice Maurizio e il pensiero va subito a tanti comitati autogestiti che, dall’estrema destra all’estrema sinistra, in tutta Italia speculano sul disagio abitativo. «È in queste piccole periferie che si gioca il futuro della nostra convivenza» dice il sindaco, che ha chiesto di poter disporre dei fondi stanziati dal piano lanciato dal governo, «ma ho visto che la priorità del Viminale è andata sulle periferie delle grandi città e non sulle nostre, forse più nascoste ai radar della grande politica» aggiunge con amarezza.

A pochi chilometri di distanza, nel centro di Urgnano, un altro sindaco, Efrem Epizoi, eletto con una lista civica di centrodestra, sul tema accoglienza fa buon viso a cattivo gioco e dice «basta» con la «gestione emergenziale» del fenomeno. «Per Roma sono numeri, per noi persone. Siamo qui per senso di responsabilità e perché l’accordo con Caritas e le altre cooperative che hanno in gestione gli appalti, funziona. Altrimenti avremmo avuto problemi di ordine pubblico». L’antefatto è stata la decisione del prefetto, nel maggio scorso, di allargare il bacino d’utenza del Cas, il Centro di accoglienza straordinario del Comune bergamasco, da poco meno di 50 a 110 persone in poche ore.

«L’ho saputo in un incontro tra sindaci, perché nessuno aveva pensato di dirmelo prima». Si intuisce, in questo contesto, tutta la difficoltà dell’amministratore pubblico che deve rendere conto ai propri cittadini di decisioni, peraltro delicate come quelle relative ai migranti, prese dall’alto. «Sono cambiate le aspettative delle comunità e la gestione di un sistema di rete che riguarda gli abitanti originari, le istituzioni e il terzo settore è diventata sempre più delicata» osserva Omar Piazza, vicepresidente di Confcooperative Bergamo. In una fase storica delicata come questa, dove l’ostilità di alcuni territori ai progetti di integrazione è evidente, «è utile far vedere, nei limiti del possibile, che le persone straniere ospitate nei centri, riescono a restituire quanto hanno ricevuto in termini di accoglienza» aggiunge Bruno Goisis, presidente della cooperativa Ruah, che collabora con Caritas Bergamo. Da Urgnano alle 'Torri' di Zingonia, in fondo, in gioco c’è la stessa cosa: il futuro della nostra convivenza.

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