martedì 14 agosto 2018
I tecnici già due anni fa lanciavano l'allarme per la necessità di una continua manutenzione e oggi c'è chi parla di "tragedia annunciata"
Un viadotto discusso
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Ha sempre avuto vita difficile il viadotto genovese Polcevera, meglio conosciuto come “ponte Morandi”. Definito, con un certo orgoglio, “il ponte di Brooklyn italiano”, era stato inaugurato nel 1967 e celebrato come un’opera ciclopica, orgoglio di ingegneria italiana ed emblema di un Paese che continuava a crescere.
Lungo 1.182 metri, largo 18 metri, con un'altezza al piano stradale di 45 metri e 3 piloni in cemento armato che raggiungono i 90 metri di altezza, scorre sopra un torrente e diversi edifici.

Un ponte a “trave strallata”, dove gli elementi verticali sono dei cavalletti costituiti da due V sovrapposte: una ha il compito di allargare la zona centrale ove appoggia la trave strallata, mentre l'altra, rovesciata, sostiene i tiranti superiori.

A partire dai tempi della sua costruzione, la struttura è stata oggetto di una continua, incessante manutenzione, ma anche di accese discussioni tra addetti ai lavori. Tra non molti anni i costi di manutenzione supereranno i costi di ricostruzione del ponte: a quel punto sarà giunto il momento
di demolire il ponte e ricostruirlo, scriveva nel luglio 2016 l'ingegner Antonio Brencich, professore associato di Costruzioni in cemento armato all'Università di Genova, in un articolo pubblicato da ingegneri.info.

Il docente evidenziava come ancora nei primi anni Ottanta chi percorreva il viadotto era costretto a fastidiosi alti e bassi dovuti a spostamenti differiti delle strutture dell'impalcato diversi da quelli previsti in fase progettuale. Solo ripetute correzioni di livelletta hanno condotto il piano viario nelle attuali accettabili condizioni di semi-orizzontalità.

Massimo Mariani, uno dei componenti del Consiglio nazionale degli ingegneri (Cni), pur non entrando nello specifico sulla storia del viadotto, denuncia l’assenza di una programmazione seria di manutenzione di cui l’Italia, da anni, non sa dotarsi.

A Genova si è verificato il crollo di un pilone, un'eventualità assolutamente imprevedibile, su cui la pioggia battente sulla città non ha inciso. "Per capire cosa è successo bisogna ricordarsi che è un ponte degli anni Sessanta che, nel tempo, è stato sottoposto a tante sollecitazioni. Queste strutture ardite, opere importanti di ingegneria, hanno bisogno di un'attenzione continua. Quanto accaduto non è certo dovuto a un difetto di origine - spiega l'ingegnere -, ma a quello che in gergo tecnico si chiama rottura di fatica". E sulla manutenzione l'Italia non fa abbastanza.

L'opera di manutenzione deve essere programmata, deve essere fatta con un piano a lunga scadenza. Forse non paga dal punto di vista politico, ma occorre controllare queste opere: in Italia abbiamo circa 600mila tra ponti e viadotti e questi controlli vanno fatti", ricorda ancora Mariani.

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