sabato 27 febbraio 2016
Molti no alla proposta approvata in Commissione. Gli assistenti sociali: servono figure e percorsi ad hoc.
Via il Tribunale dei minori? «Diritti a rischio»
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Nessuna riorganizzazione a spese dei bambini e degli adolescenti. Il messaggio, forte e chiaro, arriva in queste ore all’indirizzo del Parlamento e dell’esecutivo da tutti i professionisti impegnati nel campo della giustizia minorile. Altro che spending review e accorpamenti: la proposta approvata il 27 gennaio scorso dalla Commissione giustizia della Camera che prevede la soppressione dei tribunali e delle procure per i minorenni (e l’introduzione di sezioni specializzate per la persona, la famiglia e i minori presso i Tribunali ordinari e di gruppi specializzati presso le Procure ordinarie) è «un disastro che non possiamo accettare». L’ultimo a intervenire sull’emendamento inserito nella delega al governo per la riforma del processo civile è il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca): «Siamo assolutamente contrari a questa proposta – spiega Liviana Marelli, responsabile Infanzia, adolescenza e famiglie del Cnca – che rischia seriamente di disperdere l’esperienza della giustizia minorile italiana, un punto di riferimento in Europa». A lanciare l’allarme erano stati i giudici dell’Associazione italiana magistrati per i minorenni e per la famiglia (Aimmf): «Si buttano alle ortiche cinquant’anni di cultura minorile – aveva denunciato senza mezzi termini il vicepresidente Cristina Maggia, procuratore dei minori di Genova –: noi non lavoriamo come la giustizia ordinaria, per noi al centro non c’è il fatto, il reato, per noi al centro c’è il ragazzo, il bambino». L’Aimmf rivendica la funzione esclusiva e l’autonomia nella gestione e nell’organizzazione dell’ufficio del Pubblico ministero minorile che ricopre un «insostituibile ruolo propulsivo nelle materie sia penali che civili, per la portata riparativa e rieducativa del processo penale minorile e, soprattutto, per la peculiare attribuzione della legittimazione attiva a tutela dei minorenni». Come dire, un conto è come la giustizia si pone nei confronti di un ladro, un altro è come si pone nei confronti di un ragazzo che ha picchiato un coetaneo, o scritto su un muro. Per «esigenze organizzative tese a ripianare carenze di risorse negli uffici per gli adulti – scrive ancora l’Aimmf – si rischia di compromettere il complessivo sistema di protezione dell’infanzia, già duramente provato dai tagli alla spesa pubblica». Dello stesso parere gli assistenti sociali: «Abbiamo sempre ribadito la necessità che solo uffici che si occupino di queste materie in via esclusiva e non siano distratti da altri compiti possano sviluppare nel tempo l’esperienza e la competenza specialistica di cui ha bisogno un settore di tale delicatezza» sottolinea Silvana Mordeglia, presidente del Consiglio nazionale della categoria, che si è più volte espresso sulla questione. L’auspicio è che nel corso dell’iter di approvazione del provvedimento «si possano correggere tutte quelle storture che rischiano seriamente di disperdere quel patrimonio di competenze e di esperienze che il sistema ha accumulato in questi decenni».  Sul piede di guerra anche gli avvocati dell’Unione nazionale camere minorili, che invitano la Commissione giustizia della Camera a voler modificare integralmente l’emendamento presentato dalla stessa presidente della Commissione, Donatella Ferranti, per cui esprimono il «proprio fermo e totale dissenso». «È necessario garantire una effettiva e concreta specializzazione dei magistrati e di tutti coloro che operano nel settore minorile» sostengono, rilevando poi «il palese contrasto con l’art. 31 della Costituzione secondo cui 'La Repubblica è tenuta a proteggere la maternità, l’infanzia e la gioventù favorendo gli Istituti necessari a tale scopo'».  Competenze e professionalità a rischio anche per l’organizzazione internazionale Sos Villaggi dei bambini, impegnata nel sostegno dei minori privi di cure familiari o a rischio di perderle: «La comprensione delle situazioni di disagio dei bambini e delle famiglie in difficoltà richiede una cultura specifica», spiega Samantha Tedesco, responsabile dell’Area programmi e advocacy. La paura è «che i diritti dei bambini e dei ragazzi privi di adeguate cure vengano soppressi».
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