giovedì 15 novembre 2018
Marangoni nelle zone ferite: c'è lo spirito giusto. Paesi mobilitati per la conta dei danni e la ricostruzione
I danni causati dal forte maltempo dei giorni scorsi nel Bellunese (Ansa)

I danni causati dal forte maltempo dei giorni scorsi nel Bellunese (Ansa)

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Il maltempo ha cambiato il paesaggio delle Dolomiti, ma a due settimane dall’uragano i paesi stanno riacquistando un volto umano. Con tanti piccoli “miracoli”. Come quello della strada franata tra Misurina e Carbonin che sarà ricostruita entro l’8 dicembre, anziché fra un anno. E con le imprese forestali già al lavoro per liberare i boschi dagli schianti. Il vescovo di Belluno, Renato Marangoni, lo chiama il “miracolo di San Martino”, il co-patrono della diocesi, appena festeggiato. «Ci siamo salvati a vicenda: ecco cosa è successo», spiega. «Questa nostra terra con le sue montagne, le sue valli, i suoi boschi, i suoi paesi è passata, nei giorni scorsi, attraverso la prova del fuoco, dell’acqua, del vento. Ho potuto visitare i luoghi più feriti in questi giorni della ripresa. Ho visto tanta gente: vicini di casa che forse da tempo non si parlavano, operatori di ogni genere dai Vigili del fuoco alla Protezione civile, persone di ogni età nelle vesti del volontariato venute anche da lontano, responsabili delle istituzioni pubbliche e amministratori locali. Ho visto tutti salire sul cavallo di San Martino nell’atto di spezzare con la spada del loro coraggio e della disponibilità il proprio mantello. Quanti pezzi di mantello hanno ricoperto i tetti delle case scoperchiate e hanno ricoperto le nostre strade dissestate». La stretta emergenza è finita, ma Vigili del fuoco, Protezione civile, Esercito, altri volontari restano sul posto a riordinare. «C’è ancora tanto da fare nel salvarci a vicenda. Richiede un soprassalto di libertà e di responsabilità. L’alternativa è eliminare l’altro, usarlo, metterlo fuori gioco, frapporre barriere di sicurezza, affermando esclusivamente la propria certezza. Anche un certo esercizio di potere e una certa burocrazia vanno in questo senso. San Martino ci incoraggia, invece, a non sfuggire dalla situazione, ci invita a soffermarci per porre un gesto di vicendevole salvezza, lì dove si vive, dove si passa accanto, sulla ferita». Marangoni non nasconde la sua amara sorpresa per i 15 milioni di alberi atterrati sul territorio. «Non so che succederà, ma confido che ridoneremo ciò che l’ambiente naturale chiede. Non sarà uguale. Certamente impareremo qualcosa di ulteriore che promuoverà questo territorio e soprattutto migliorerà il nostro rapporto con esso. Ci saranno momenti in cui, in tutta verità, occorrerà riconoscere tutto quello che non va a livello di responsabilità verso la montagna. Ma occorre davvero ascoltare e dare il massimo di credibilità alla gente di montagna da parte di chi ha responsabilità in grande nel nostro Paese, a livello di Stato e di Regione. Il mio è anche un appello di civiltà».

Da una montagna all’altra, l’appello non cambia. Siamo sulle terre alte del Friuli. I parroci e l’arcivescovo di Udine, Andrea Bruno Mazzocato, si sono incontrati per ringraziare chi è intervenuto, ma anche per chiedere «una maggiore attenzione alla montagna friulana, così affascinante e così fragile». «Crediamo si possa pensare una politica per la montagna più precisa e più decisa – hanno detto –, più lungimirante e più consapevole della maggior fatica e del coraggio richiesti a chi, vivendo in montagna, la deve custodire anche a favore di tutti coloro che vivono in collina, in pianura e in città. E in sintonia con quanto richiede costantemente papa Francesco. Hanno sollecitato «una attenzione speciale per il Creato, perché le sue forze non si ritorcano contro l’uomo stesso, che ha talvolta posto le premesse di diversi disastri».

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