giovedì 30 agosto 2018
Dopo la paura e il disorientamento per quanto accaduto nei giorni di fermo a Catania, gli eritrei ospiti a Rocca di Papa ricostruiscono il loro viaggio attraverso l’Africa in balia dei trafficanti
I profughi eritrei: venduti, abusati e torturati
COMMENTA E CONDIVIDI

Non sono donne, sono ragazzine, hanno da 19 a 24 anni. Non sono uomini, sono ragazzi. Hanno volti scavati. Pelle ancora troppo lucida e graffiata da sale e sole. Colpiscono i loro polsi, su tutto: esili, troppo. Nell’ultimo anno mangiavano ogni due giorni un piatto di 'pasta' – a volerla definire così – da dividere in otto e bevevano un quarto di litro d’acqua a testa. Un ragazzo ha i documenti e una foto insieme alla moglie, è grosso e piazzato, adesso invece a soffiargli addosso lo faresti cadere.

Merce per trafficanti. Le loro famiglie, in Eritrea, hanno pagato 9.800 euro per farli scappare. Il viaggio, per molti di loro, è durato un anno e mezzo, sono stati venduti anche sei volte da bande ad altre bande. Molti hanno i corpi segnati. Sono i cento sbarcati sabato a tarda sera dalla 'Diciotti' e adesso accolti al 'Mondo migliore', centro a Rocca di Papa (ben lontano dal paese) gestito dalla cooperativa Auxilium. Novantadue ragazzi e otto ragazze. Quando sono arrivati, l’altra notte, l’emozione è stata forte e non soltanto per loro. Hanno sorriso e non lo facevano da chissà quanto tempo. A qualcuno le lacrime sono scese sul sorriso.

Una tonsillite. Li hanno visitati tutti, c’è voluto da mezzanotte alle nove e mezza di ieri mattina, la malattia più... grave trovata è una tonsillite con qualche placca. Nessuno ha malattie infettive, né croniche. A proposito, neppure alcuna scabbia. Piuttosto, tante pelli seccate dall’acqua salina e dal vento. E tutti molto provati, denutriti. Anemici. Un ragazzo è tornato ieri sera in infermeria, aveva tenuto nascosto un problema al ginocchio che ha da giorni, poi il dolore è cresciuto troppo e ha chiesto di nuovo del medico. Dovrebbe avere liquido nell’articolazione, forse deve aver sbattuto. O forse altro. Molti, fra loro, raccontano di torture.

Come sfingi. Sono nati tutti in Eritrea e tutti vengono dalla Libia, hanno vissuto con la violenza fuori e dentro. Le ragazze sono state stuprate e per sopravvivere si sono create una corazza. Sono diventate dure. Durissime. I loro volti sono quelli di sfingi, non mostrano emozioni, quasi non sorridono, quasi non guardano neppure negli occhi. Ciò che le ha sbranate l’hanno chiuso nell’angolo più intimo di se stesse, lo costringono a restar lì, muto. Si raggomitolano sulla sedia, le gambe tirate su, ginocchia strette al petto con le braccia intorno, dentro i pantaloni e le magliette finalmente puliti, finalmente dignitosi, che hanno distribuito la scorsa notte. A loro anche solamente tutto questo sembra vero a tratti.

L’applauso. Hanno anche finalmente riposato. In un letto. In una stanza. I fantasmi non li abbandonano ancora, lo confidano, la paura e l’ansia sono svanite. Sanno di essere in un Paese libero. Sanno di essere protetti. Hanno voluto fare un applauso, lungo, forte, agli italiani, all’Italia, al Papa, alla Chiesa, l’altra notte, poco dopo essere arrivati. Gli operatori di Auxilium li hanno abbracciati. Uno a uno. E ieri, quegli stessi operatori, avevano scritto sulle facce di non avere dormito, ma anche soddisfatta fierezza. Non è un caso se qui vengono più di duecento persone da Rocca di Papa a fare regolarmente volontariato con i migranti.

Psicologia e amici. Il tempo, qui, in questi giorni, sembra essere concetto in qualche modo relativo, elastico, amico. I cento della 'Diciotti' hanno fatto colazione, ieri mattina. Più tardi hanno pranzato. Spaesati, ancora quasi increduli, felici. Nel pomeriggio hanno iniziato i colloqui, singoli, con gli psicologi. Chiedono loro anche se hanno parenti o amici in Italia e dove, così da indirizzarli nella struttura diocesana più vicina che ha dato disponibilità all’accoglienza e sono tante, più dei posti necessari, da Sud a Nord, da una trentina di diocesi. Che i ragazzi raggiungeranno entro qualche giorno. Ogni spesa sarà coperta dalla Chiesa italiana, che già ha accolto nell’ultimo triennio oltre 26mila migranti e spesso in famiglie e parrocchie. Nel pomeriggio gli altri ospiti del centro, soprattutto nigeriani, malesi, ivoriani ed eritrei, hanno organizzato una partita di calcetto come benvenuto ai cento, che hanno apprezzato, ma non hanno giocato. Troppo stanchi, non ce l’avrebbero fatta.

Contrapposizione blanda. Nel frattempo, fuori dal centro 'Mondo Migliore', sulla via dei Laghi, andava in scena per un paio d’ore più una blanda contrapposizione, che vera e propria contestazione. Da una parte, sulla destra di fronte al cancello d’ingresso, una trentina di militanti di Casapound, sventolanti tricolori e bandiere con la tartaruga, arrivati dalla Capitale. Dall’altra, una quarantina di «antifascisti» dell’area di sinistra dalla stessa Rocca di Papa e altri paesini dei Castelli. Separati da un cordone di Polizia e Carabinieri in assetto antisommossa e da un paio di blindati. All’inizio le due 'parti' si sono mandate in coro a quel paese (eufemismo, ndr), poi se ne sono state più o meno tranquille a battibeccare di tanto in tanto. Risultato finale, nelle parole della Questura? «Nessuna tensione e criticità registrate nel corso della manifestazione. Le forze di polizia hanno garantito l’ordine ed il diritto di manifestare di entrambe le parti, benché l’iniziativa non fosse stata regolarmente preavvisata». Perciò i partecipanti «saranno segnalati alla competente autorità giudiziaria».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: