giovedì 25 aprile 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
Un’inchiesta ogni 4 giorni per reati ambientali. Un giro di vite che ha portato, negli ultimi due anni, al sequestro di 35 aziende e oltre 560 milioni di euro, 297 persone arrestate e denunciate. Le indagini internazionali che hanno riguardato il nostro Paese sono 163: il 68% dedicate alle merci contraffatte e alle specie protette, il 23% sui rifiuti, il 9% per le frodi agroalimentari.I traffici illegali si muovono soprattutto via mare (dove viaggia, secondo la Commissione europea l’81% dei business illegali a livello globale). Per carichi di alto valore ma più piccoli, e per le tratte brevi, gli spostamenti su strada o in aereo sono ancora utilizzati. Il rapporto "Mercati illegali" sui traffici illeciti di rifiuti, merci contraffatte, prodotti agroalimentari e specie animali, presentato da Legambiente e Polieco (Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene), accende un faro sulla «globalizzazione in nero» tra Italia, Europa e resto del mondo. I porti italiani implicati in affari illegali di questo tipo sono – secondo il report – alcuni tra i più noti: se ne rintracciano i nomi per 72 volte come porti di destinazione e per 50 volte come zone di partenza. In testa alla classifica per numero di inchieste c’è Ancona, seguito da Bari, Civitavecchia, Venezia, Napoli, Gioia Tauro, La Spezia, Salerno.Il dossier offre un’analisi delle trame criminali parlando di «sovrapposizione» del mercato nero a quello legale; un mercato fuorilegge la cui crescita viene definita in aumento a una «velocità supersonica». Il Paese che si dimostra più coinvolto in questi traffici, sia in entrata che in uscita dall’Italia, è la Cina (45 inchieste). A seguire la Grecia (21 inchieste), l’Albania (8 casi), il nord Africa (6), il Medio Oriente (6), e la Turchia (6). Nel quadro dei mercati criminali mondiali «un ruolo rilevante spetta alle mafie transnazionali, in particolare le triadi cinesi, la yakuza giapponese, la camorra napoletana e la mafia russa; con un ruolo sempre maggiore della ’ndrangheta».Legambiente e Polieco hanno proposto un decalogo di iniziative – tra cui sanzioni più efficaci e maggiori controlli – per fermare questi mercati illegali. Per il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, serve «prevenzione per stroncare questi mercati illegali», per i quali occorre che «il Parlamento introduca nel codice penale i delitti contro l’ambiente». È necessario, per Enrico Bobbio, presidente di Polieco, «perseguire l’obiettivo di sburocratizzazione delle norme che regolano la gestione dei rifiuti per favorire il riciclo di qualità Made in Italy».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI