giovedì 7 gennaio 2021
Aifa autorizza anche il vaccino prodotto da Moderna. L'Italia è seconda tra i Paesi dell'Unione Europea, dietro la Germania, per numero di dosi di vaccino somministrate
Vaccini, l’Italia corre (le dosi no). I disabili tra le categorie prioritarie

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L'Italia è seconda tra i Paesi dell'Unione Europea, dietro la Germania, per numero di dosi di vaccino somministrate. È quanto ha rivelato l'Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) in un'elaborazione aggiornata a oggi 7 gennaio 2021.

Una notizia positiva che si aggiunge a quella del via libera dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), al vaccino anti-Covid dell'azienda americana Moderna, per l'autorizzazione all'immissione in commercio e all'utilizzo nell'ambito del Servizio sanitario nazionale. Il secondo vaccino in Italia dopo quello Pfizer-BioNTech.

Va ricordato che per il vaccino di Pfizer-BioNTech lo scorso 27 dicembre in Italia era iniziata la somministrazione del vaccino contro il coronavirus al personale sanitario e agli ospiti delle case di cura. Al momento del V-Day era l’unico vaccino in fase di somministrazione mentre solo il 6 gennaio la Commissione Europea aveva autorizzato il vaccino contro il coronavirus prodotto da Moderna.

In Italia al momento sono state vaccinate 326.649 persone. È stato somministrato, dunque, il 47% delle 695.175 dosi consegnate. Questo l'ultimo aggiornamento, alle ore 14.00, del report sulle vaccinazioni in Italia, pubblicato sul sito del commissario per l'emergenza Covid. A quanto pare però non basta essere il secondo Paese per numero di dosi di vaccino somministrate: il commissario all’Emergenza Domenico Arcuri ha continuato ripeterlo ai giornalisti riuniti per il tradizionale punto stampa settimanale, «non basta perché i vaccini li somministriamo, non li produciamo». Sottinteso: chi li produce, al momento soltanto Pfizer, non ne invia abbastanza.


Il problema era emerso già a inizio settimana: l’accordo prevede che sia l’azienda farmaceutica a occuparsi del trasporto e della consegna delle dosi (da 470mila a settimana via via a crescere, fino a 8,7 milioni totali entro marzo) direttamente nei 293 punti di somministrazione individuati finora, e quelle dosi da lunedì sono arrivate a singhiozzo, quando proprio non sono arrivate del tutto. Voci di corridoio hanno persino malignato che Pfizer stia gestendo un mercato parallelo, rispettando con una mano i patti europei e accontentando con l’altra le richieste extra: fantascienza, per ora, ma con meno di 700mila dosi consegnate (un dato poi aggiornato a 919.425 dallo stesso Arcuri in serata) i conti non tornano.

L’imperativo è fare in fretta: nei prossimi tre mesi giungeranno in Italia 1,3 milioni di dosi, con cadenza settimanale (100mila a gennaio, 600mila a febbraio e 600mila a marzo), «in questo modo potremo arrivare a chiudere la prima fase delle somministrazioni e passare alla seconda, che prevede già da febbraio il vaccino per gli over 80 e – un’altra buona notizia, auspicata sulle pagine di Avvenire nei giorni scorsi – per i disabili e i loro accompagnatori».

Per arrivare a 48 milioni di italiani vaccinati (la soglia fatidica dell’80% necessaria all’immunità di popolazione) servirà ancora di più, però. E cioè «che almeno un altro, se non due vaccini vengano approvati in tempi rapidi» spiega Arcuri: il riferimento è al solito AstraZeneca (sulla cui approvazione il ministro della Salute Roberto Speranza assieme al suo omologo francese starebbero facendo pressing incessante a livello europeo), le cui 40 milioni di dosi destinate all’Italia risolverebbero d’un colpo il problema degli approvvigionamenti. E a Johnson & Johnson, che se pure tagliasse il traguardo in tarda primavera avrebbe il grande vantaggio rispetto agli altri di richiedere un’unica somministrazione. «Fino a che non avremo abbastanza vaccini, non ci sarà nemmeno bisogno di avere migliaia di medici, infermieri e volontari impegnati sul campo per somministrarli» spiega ancora Arcuri, che illustra la road map delle assunzioni da qui ai prossimi mesi, fino a un totale di quasi 25mila operatori sanitari.


Finora, a livello regionale, rimane in testa sempre il Lazio con oltre 41.242 immunizzazioni (67,2%). Gli operatori sanitari e sociosanitari vaccinati sono stati 276.925, segue il personale non sanitario 31.630 e gli ospiti delle Rsa 18.094.

A livello europeo, la Germania registra a oggi 367.331 dosi, l'Italia 326.649. Seguono a distanza la Polonia (160.359) e la Spagna (139.339). Ancora molto indietro la Francia, ferma a 5.000 dosi somministrate, meno anche della media di dosi utilizzate per Paese, che in Europa è pari a 7.557.


Il Tavolo Tecnico, istituito fra FOCE (Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi), il Governo e Agenas, ha stilato il Documento di indirizzo e di raccomandazioni per garantire ai pazienti più fragili la continuità di cura in emergenza Covid. Si tratta di linee guida ufficiali, che impegnano le Regioni nella tutela di 11 milioni di persone con tumori e malattie del cuore, presentate oggi in una conferenza stampa virtuale. FOCE, inoltre, ha richiesto al Ministro della Salute, Roberto Speranza, e al Commissario Straordinario per l'emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, che venga assegnata priorità assoluta (T1a) nella vaccinazione antiCovid a 392.600 pazienti con malattie oncologiche, cardiologiche e ematologiche, inserendoli nella stessa categoria degli operatori sanitari.

A seguire, si legge nella nota, vi sono circa 3 milioni e 820mila (3.817.400) cittadini colpiti da queste grandi malattie che, come richiesto da FOCE, dovranno essere vaccinati nella fase immediatamente successiva del programma di immunizzazione (T2a) e, in ogni caso, prima delle persone di età compresa fra 60 e 69 anni non affette da patologie. "L'attuale fase epidemica richiede un profondo cambiamento organizzativo dell'offerta assistenziale da parte dei servizi sanitari delle Regioni - afferma il Presidente FOCE, Francesco Cognetti - i punti chiave del Documento di indirizzo e di raccomandazioni sono dieci. Innanzitutto, viene prevista la completa separazione dei percorsi fra pazienti Covid e non Covid, includendo in questa distinzione anche il personale dedicato e i relativi servizi ospedalieri. Deve essere mantenuta la piena operatività delle attività di degenza ordinaria, day hospital e ambulatoriali delle strutture di oncologia medica, di chirurgia oncologica e di ogni altro ambito clinico-assistenziale, come quelle di oncoematologia, di trapianto di midollo e di cardiologia, incluse le terapie intensive cardiologiche. Vanno stabiliti standard per il fabbisogno di personale per adeguarlo alle nuove modalità organizzative e, laddove vi sia un'effettiva carenza, è necessario reclutare medici specialisti. Gli screening oncologici devono riprendere, in modo omogeneo, a pieno regime in tutte le Regioni, monitorando l'effettiva ripresa dei volumi di attività col ritorno ai livelli pre-pandemici e recuperando al più presto i ritardi accumulati".

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