giovedì 31 agosto 2017
«Il Paese non sia ostaggio di amministrazioni che non hanno saputo mettersi al passo coi tempi»
Decaro (Anci): «Rilasciare i certificati senza oneri per i genitori»
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Tra interpretazioni creative del decreto e letture fin troppo restrittive, l’applicazione delle nuove norme sui vaccini rischia di diventare una selva inestricabile di rinvii, eccezioni, casi a parte. Non solo ogni Regione ha scelto una via differente per rendere operativa la legge: anche i Comuni si stanno muovendo in ordine sparso. Ciascuno fa per sé: la Lombardia, per esempio, smentisce il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli – che lo scorso lunedì aveva escluso qualsiasi possibilità di prorogare la data per la presentazione dei documenti – annunciando una delibera che concede alle famiglie altri 40 giorni per mettersi in regola. Il problema è cogente soprattutto per chi ha figli che frequentano l’asilo nido o la scuola dell’infanzia: senza i certificati vaccinali o un’autocertificazione che garantisca la loro avvenuta somministrazione o, ancora, la prenotazione di somministrazioni future, i bambini non possono entrare in classe.

«A pagare le inefficienze e i ritardi di certe amministrazioni non possono essere i cittadini» spiega Antonio Decaro, presidente dell’Anci e sindaco di Bari, che già se li immagina i genitori a caccia dei certificati vaccinali dei figli, in coda agli sportelli delle Asl. E non è escluso che in qualche Azienda sanitaria non basterà digitare nomi e cognomi al computer per ottenere le informazioni ma sarà necessario scartabellare in un giurassico archivio cartaceo. Capiterà perché non tutte le Regioni, anche se i Piani nazionali di prevenzione vaccinale lo sollecitano da anni, hanno dato vita a un’anagrafe vaccinale informatica.

«Ma il Paese non può essere ostaggio di amministrazioni che non hanno potuto o voluto mettersi al passo con i tempi. Per facilitare la vita delle famiglie e del personale scolastico – spiega Decaro – l’Anci ha messo a punto un protocollo che impegna i ministeri della Salute e dell’Istruzione, la Conferenza delle Regioni e l’associazione dei Comuni a una collaborazione efficace per produrre i certificati necessari all’iscrizione dei bambini a scuola, senza nessun onere per i genitori ». Il protocollo prevede che le scuole trasmettano i nomi degli iscritti alle Asl, che queste ultime effettuino le necessarie verifiche e che inviino i certificati alle scuole. Secondo il presidente dell’Anci, «se alcune Asl non sono ancora in grado di garantire lo scambio per via digitale, vorrà dire che utilizzeranno un supporto cartaceo».

Ma questo scambio di dati non è previsto dal decreto legge sui vaccini, se non a partire dall’anno scolastico 2019/2020. Secondo l’interpretazione che l’Anci dà della legge, ciò significa «che tutti saranno obbligati a usare questo sistema a partire da quella data ma non vieta – spiega De- caro – che chi è in grado di farlo, già adesso lo faccia». Il Garante della Privacy non sembra dello stesso parere, visto che ha suggerito – ma non si tratta di un pronunciamento ufficiale che, però, arriverà a breve – una strada diversa: nessuno scambio di dati tra uffici pubblici, che è illecito se non previsto espressamente dal legislatore, ma l’invio dei certificati a tutte le famiglie interessate direttamente dalle Asl. Ben consapevole dei tanti ritardi, il governo è stato costretto non solo a procrastinare lo scambio di dati tra uffici pubblici ma anche a consentire l’autocertificazione delle avvenute vaccinazioni e a fissare al 10 marzo 2018 la data ultima per la sua sostituzione con i documenti ufficiali.

«Resta il fatto – prosegue Decaro – che in mancanza di questa documentazione i piccoli che frequentano gli asili nido e le scuole dell’infanzia saranno allontanati dalla scuola a metà anno. Cosa impensabile ed evitabilissima. Sarebbe bastato escludere la possibilità dell’autodichiarazione e pretendere i certificati vaccinali fin da subito. E non pretenderli – precisa il presidente dell’Anci – dai genitori, ma dalle Asl». Altro capitolo del problema è la mole di documentazione che si riverserà sulle scuole. «Non si tratta solo del sovraccarico di lavoro. I documenti – prosegue Decaro – saranno affidati a personale che non è formato e soprattutto non è tenuto a saper leggere e interpretare un certificato o un libretto vaccinale».

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