domenica 6 gennaio 2019
Parla la leader della Cisl: tutto è stato fatto senza di noi, l’esecutivo si fermi e apra un confronto. Per un Fisco equo non c’è nulla, sulle pensioni mancano aspetti molto importanti
«Avevamo chiesto al premier crescita e investimenti. Ci era parso che avesse capito e invece è andato nella direzione opposta Noi vogliamo ancora un dialogo, ma se Palazzo Chigi mantiene il silenzio la mobilitazione è inevitabile»

«Avevamo chiesto al premier crescita e investimenti. Ci era parso che avesse capito e invece è andato nella direzione opposta Noi vogliamo ancora un dialogo, ma se Palazzo Chigi mantiene il silenzio la mobilitazione è inevitabile»

COMMENTA E CONDIVIDI

«C’è delusione. Una delusione terribile e contagiosa...». È come se all’improvviso Annamaria Furlan guardasse il Paese. Un Paese scontento, preoccupato, privo di certezze. E dove, in parallelo, si moltiplicano le iniziative di mobilitazione. Le assemblee nei posti di lavoro. I presidii dei pensionati in tante città. L’insofferenza degli edili per i cantieri fermi e del pubblico impiego per un rinnovo dei contratti che non si vede. Che cosa succede? Che momento sta passando l’Italia? La segretaria generale della Cisl scuote la testa. E dietro quel gesto prende forma il primo affondo contro il governo Lega-M5s. «Avevamo chiesto a Giuseppe Conte una manovra capace di mettere al centro la crescita e di puntare sugli investimenti. Avevamo anche avuto l’impressione che avesse capito. Che fosse pronto a passi precisi. Poi, invece, è andato nella direzione opposta... ». Furlan cerca le parole più giuste per non chiudere definitivamente la porta e dare così un’ultima possibilità al governo. «Questo Paese è stato scosso da una crisi economica devastante. Ha vissuto anni drammatici. Anni segnati da enormi sofferenze. Dei pensionati. Dei lavoratori e delle lavoratrici. Delle famiglie. Una stagione lunga e faticosa. Poi, dopo mesi e mesi di segni meno su crescita, investimenti, occupazione, si erano cominciati a vedere timidissimi segnali... Ecco cosa diciamo oggi a Conte: noi non siamo disponibili a tornare indietro».

Quanto vede alto questo rischio?
Lo vedo alto e minaccioso. Questo era il momento di scelte nette per uscire definitivamente dalla crisi. E invece vedo troppi errori. Una lunga serie di brutti errori. Perché fermare le grandi opere che sbloccherebbero, da subito, una infinità di posti di lavoro? E perché diminuire gli investimenti sui territori? C’è bisogno di lavori di ristrutturazione. Per scuole, ospedali, strade, ferrovie... Per il riassetto idro-geologico, per gli impianti per il riciclaggio dei rifiuti... E invece tutto è fermo. Poi, spesso mi gira nella testa un’altra parola: iniquità. Per- ché, ancora una volta, si prova a utilizzare come un bancomat la non rivalutazione o la rivalutazione solo parziale delle pensioni? E ancora: perché questi tagli su tutti i capitoli della crescita? Sulla formazione. Sulla scuola. Sull’innovazione. E perché dimezzare le risorse per l’alternanza scuola-lavoro? Certo, nella manovra ci sono anche piccoli segnali da cogliere. C’è qualche lucina che si è accesa. La proroga degli ammortizzatori sociali. La stessa 'quota cento' è una possibilità che si dà ai lavoratori... Ma è troppo poco.

Ci conferma la volontà di una grande manifestazione nazionale a fine mese?
Sì, la confermo. Il Paese non può tornare indietro sulla crescita. E invece questo sta succedendo: siamo passati dalla crescita all’1,5 all’uno. Ma senza investimenti e con le grandi opere paralizzate quella percentuale andrà ancora rivista al ribasso.

Il 2019 sarà un anno caldo?
Dipende solo dal governo. Dalle sue scelte. Dalle sue strategie. Noi abbiamo il dovere di ascoltare il grido di sofferenza del nostro mondo. Lavoratori e pensionati ci hanno chiesto di chiarire al governo la nostra posizione. E di farlo con la massima determinazione. Per noi il tema della crescita e dunque quello del lavoro sono la sola gigantesca priorità. Conte non l’ha capito. Ci aveva assicurato che su reddito di cittadinanza e sulle pensioni avrebbe costruito un confronto importante con le parti sociali. Questo non è ancora avvenuto e la confusione sta salendo. Intanto pare che il decreto sia pronto. Faccio notare però che il tema delle pensioni non può esaurirsi su 'quota 100' e la conferma di 'Opzione donna': mancano aspetti molto importanti come il trattamento di garanzia per i giovani, l’Ape sociale da rendere strutturale e la copertura del lavoro di cura. Quanto al Reddito, ha senso solo se costruito davvero come un ponte verso il lavoro. Ma per realizzarlo serve un confronto serio.

C’è ancora spazio?
Noi siamo pronti, ma il silenzio assordante del governo non ci fa pensare nulla di buono. Ecco perché questa grande mobilitazione. Per provare a scuotere il governo. Per sperare ancora in uno scatto di responsabilità. Conte è ancora in tempo per rivedere le priorità. Lo faccia, lo deve al Paese. Cambi linea. Anche sul fisco.

Il fisco?
Non c’è una parola, nemmeno una parola, su una riforma del fisco finalmente equa. Il tema vero è che il 90% del carico fiscale è sul groppone dei lavoratori dipendenti e dei pensionati. Cosa gli diciamo? Ecco il punto: il governo si fermi e apra un confronto serio su questi temi. Crescita, fisco, lavoro, Mezzogiorno: non possiamo più accettare silenzi. Serve lucidità. Serve capire che, così, la crescita rallenterà ancora con conseguenze drammatiche sui posti di lavoro. Tutto è vago. Non si capisce ancora come avverrà l’inserimento nel mondo del lavoro, soprattutto al Sud dove l’offerta è molto scarsa in assenza di un piano serio per incentivare gli investimenti pubblici e privati. Un quadro brutto e, intanto, la prossima Finanziaria sarà ancora più complicata: per il 2020 ci sono 52 miliardi di clausole di salvaguardia e c’è, legata a questo, l’innalzamento dell’Iva.

Perché Conte va avanti così? Che idea si è fatta?
Il governo pare navighi a vista. Non ha una visione lunga del Paese. Una visione in prospettiva. Forse nemmeno vuole averla. La politica da troppo tempo guarda solo al risultato del giorno dopo perché il tema è dare immediata soddisfazione a ipotetici elettori. Ma chi governa ha il dovere di guardare al futuro delle nuove generazioni, a chi verrà dopo.

Si è parlato di un nuovo impegno dei cattolici in politica. Anche sull’opportunità di un partito dei cattolici...
Se penso a papa Francesco, lui parla agli uomini e alle donne di tutto il mondo. Ecco il punto: tutta la politica, nessuno escluso, deve riscoprire quei valori fissati nelle riflessioni del Papa. Sono valori universali. Valori che mettono al centro la persona. Solidarietà, sussidiarietà, giustizia, equità, legalità, uguaglianza non sono parole che possono essere chiuse in un recinto o relegate in un ipotetico partito dei cattolici. Devono scuotere ogni uomo e ogni donna che si impegna nel sociale e ancora di più nella politica. E diventare centrali in ogni ragionamento di ogni governo.

Pensi a quello che succede sui migranti... C’è solidarietà? C’è giustizia?
No, non c’è. E per questo dico: basta chiusure, basta appelli ad escludere, basta politiche miopi, basta chiusura dei porti. Non si gestisce così un tema complesso come quello dei migranti. È per questo che il grido dei sindaci va ascoltato. È per questo che il governo non può ignorare gli appelli del nostro mondo ad aprire per i migranti un percorso che garantisca ingressi controllati e regolari ed un piano di inclusione sociale. Ma siamo tornati al punto di partenza: serve un governo che ascolti e che si confronti. E finora il governo non l’ha fatto.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: