sabato 12 settembre 2020
20 studenti sbarcati a Fiumicino, grazie a un progetto che ha coinvolto istituzioni e università L’Unhcr: l’Italia dimostra di essere all’avanguardia nelle soluzioni per la protezione dei più deboli
Venti rifugiati originari di Eritrea, Sudan, Sud Sudan e Repubblica Democratica del Congo sono arrivati all'aeroporto di Roma Leonardo Da Vinci a Fiumicino

Venti rifugiati originari di Eritrea, Sudan, Sud Sudan e Repubblica Democratica del Congo sono arrivati all'aeroporto di Roma Leonardo Da Vinci a Fiumicino - Ansa

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Dopo lo stop per la pandemia, riaprono i corridoi che portano legalmente i rifugiati in Europa dai Paesi di seconda accoglienza africani. Progetto nei quali l’Italia è all’avanguardia in Europa grazie al dinamismo della società civile e delle chiese cristiane in collaborazione con il governo di Roma. Si tratta significativamente di corridoi universitari.

I primi rifugiati arrivati con vie sicure dal continente africano dopo l’emergenza Covid sono infatti 20 laureati che hanno studiato nei campi profughi in Etiopia (paese che accoglie un milione tra rifugiati e richiedenti asilo) e sono sbarcati a Fiumicino ieri mattina dal volo proveniente da Addis Abeba per proseguire con borse di studio il loro percorso accademico in 10 atenei italiani grazie al progetto University Corridors for Refugees. Scappati da guerre e persecuzioni, nel mezzo di una pandemia globale, vogliono costruirsi un futuro in Italia in cui potranno circolare liberamente grazie a un visto per studenti internazionali.

Il corridoio universitario nasce con la collaborazione del ministero degli Esteri, dell’agenzia Onu per i rifugiati Unhcr con Caritas Italiana, Diaconia Valdese, la rete in Etiopia di Gandhi Charity ed è reso possibile grazie al sostegno dell’Università di Bologna, promotore della prima edizione del progetto nel 2019. I 20 rifugiati accademici, tra cui una donna, hanno tra i 25 e i 41 anni e provengono da Eritrea, Sudan, Sud Sudan e Repubblica Democratica del Congo. Sono stati selezionati, ha spiegato l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, sulla base del merito accademico e della motivazione attraverso un bando pubblico da una commissione di selezione individuata da ciascuna università.

Gli organizzatori hanno puntualizzato che hanno fatto il tampone – risultato negativo per tutti – alla partenza da Addis Abeba. Completata la quarantena obbligatoria, inizieranno il percorso universitario magistrale presso gli atenei di Cagliari, Firenze, L’Aquila, l’università degli studi di Milano, Padova, Perugia, Pisa, Roma (Luiss), Sassari, e l’Università Iuav di Venezia. Saranno Caritas Italiana, con le Caritas diocesane e Diaconia Valdese insieme agli istituti accademici, ad assicurare il supporto necessario all’integrazione degli studenti rifugiati per i due anni del programma di laurea magistrale. Le discipline in cui intendono specializzarsi sono, tra le altre, biologia, biotecnologie farmaceutiche, agricole e ambientali, giurisprudenza, innovazione digitale e sostenibilità, pianificazione urbana. Al termine dei rispettivi percorsi di studio potranno tornare in Etiopia se vorranno.

«Siamo estremamente felici per questo straordinario risultato – ha dichiarato Chiara Cardoletti, rappresentante dell’Unhcr per l’Italia, la Santa Sede e San Marino – perché con questa iniziativa l’Italia dimostra di voler essere all’avanguardia nell’individuare soluzioni innovative per la protezione dei rifugiati». Solo il 3% dei rifugiati a livello globale ha accesso all’istruzione superiore, secondo il rapporto Unhcr intitolato 'Coming Together for Refugee Education', pubblicato la scorsa settimana. L’Alto commissariato si pone l’obiettivo entro il 2030 di raggiungere un tasso di iscrizione del 15% per i rifugiati in Paesi d’accoglienza e paesi terzi anche attraverso l’ampliamento di vie di accesso sicure che tengano in considerazione le legittime aspirazioni dei rifugiati e i loro sogni. Un segnale interessante e concreto anche per la ripresa dei corridoi umanitari dall’Africa della Cei bloccati da febbraio dall’esplosione della pandemia. Sono 60 i rifugiati vulnerabili provenienti dai lager libici bloccati in Niger in attesa di raggiungere le diocesi italiane per ricominciare.

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