venerdì 19 ottobre 2018
Flop a Bruxelles Si allontana la prospettiva di una redistribuzione dei carichi migratori. Niente intesa sull'accoglienza
Un gommone di migranti alla deriva nel Mar Mediterraneo. L’unica novità emersa dal vertice di ieri a Bruxelles è stata il possibile coinvolgimento dell’Egitto nelle operazioni di soccorso, tema di cui si discuterà in un summit previsto a febbraio (Ansa/AP Photo)

Un gommone di migranti alla deriva nel Mar Mediterraneo. L’unica novità emersa dal vertice di ieri a Bruxelles è stata il possibile coinvolgimento dell’Egitto nelle operazioni di soccorso, tema di cui si discuterà in un summit previsto a febbraio (Ansa/AP Photo)

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L’Ue non riesce ad uscire dallo stallo sulla politica migratoria. A confermarlo ancora una volta il Consiglio Europeo ieri a Bruxelles, che ha anzi ulteriormente allontanato la prospettiva di un’intesa su una vera solidarietà con i Paesi di prima linea, puntando piuttosto sulla «Fortezza Europa», le misure per frenare le migrazioni verso il Vecchio Continente. Non a caso, l’unica vera notizia concreta è stata l’intesa per un vertice Ue-Lega araba in Egitto (si parla di Sharm El-Sheikh) il 24-25 febbraio prossimo.

Proprio l’Egitto ha un ruolo cruciale, di cui ha parlato a lungo il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, presidente di turno dell’Ue, reduce da una missione al Cairo. L’Egitto potrebbe infatti dare la disponibilità a salvare migranti in acque internazionali e a riportarli sulle coste africane (cosa che le navi battenti bandiere europee non possono fare). Anche un modo per sopperire almeno in parte alle carenze della Guardia costiera libica. In cambio, l’Egitto chiede un trattamento equivalente a quello ottenuto dalla Turchia (6 miliardi di euro per frenare i flussi e le spese per ospitare i campi di profughi siriani).

«Il Consiglio – si legge nelle conclusioni del vertice – sottolinea la necessità di impedire ulteriormente la migrazione irregolare e di rafforzare la cooperazione con i Paesi di origine e di transito, in particolare in Nord Africa ». Non senza sottolineare, comunque, che «il numero di passaggi illegali di frontiera nell’Ue registrati è stato ridotto del 95% rispetto ai picchi dell’ottobre 2015». Si parla di incrementare i rimpatri, rafforzando accordi già esistenti con Paesi di origine o stipularne di nuovi. Il tutto «utilizzando tutte le leve necessarie attraverso le politiche e gli strumenti rilevanti Ue, tra cui sviluppo, commercio e visti». Tradotto: se i Paesi di origine non collaborano, potranno esser tagliati i fondi di sviluppo e ridotti i visti regolari.

Sul fronte Africa non è mancato, raccontano, un bisticcio tra il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, e quello della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker. Al centro, le reiterate proposte di Tajani di un «piano Marshall per l’Africa», fino a 60 miliardi di euro. In questo modo, ha attaccato Juncker, si rischia di nascondere quel che l’Europa sta già facendo, con un piano di investimenti da 44 miliardi di euro, di cui 24 già in dirittura d’arrivo. Soprattutto, si allontana sempre più la prospettiva della redistribuzione obbligatoria di migranti chiesta dall’Italia nel quadro della riforma del Regolamento di Dublino sull’asilo, di cui non c’è traccia nelle conclusioni.

Kurz è stato chiaro: «Non c’è consenso su questo». Piuttosto, il leader austriaco ha parlato di «solidarietà obbligatoria», che può però espletarsi in vari modi, ad esempio anche pagando o fornendo personale per procedure di asilo o di controllo alle frontiere esterne. È proprio la «solidarietà flessibile» su cui insistono da anni i Paesi dell’Est. Il premier Giuseppe Conte, riferiscono, ha ribadito il punto italiano: una simile soluzione non è accettabile, minerebbe alla radice il principio di solidarietà europea. Per ora resiste anche la Germania, «con una solidarietà à la carte, in cui ciascuno sceglie quel che vuole – ha detto la cancelliera Angela Merkel – si rischia che non vengano coperte alcune esigenze e di lasciare soli alcuni Stati membri».

Conte ha pure sollevato la questione degli sbarchi nel quadro della missione militare Ue Sophia (la richiesta di Roma è che siano ripartiti su vari Paesi Ue), così pure dall’Alto rappresentante Ue Federica Mogherini. Anche su questo, zero riferimenti nelle conclusioni. Nel testo si dà piuttosto priorità alla riforma della direttiva rimpatri, dell’Agenzia europea sull’asilo e di quella di guardie di frontiera e costiera, la nuova Frontex riformata. In proposito Conte, riferiscono fonti diplomatiche, ha espresso perplessità. Se maggiori fondi, è stato il suo messaggio, significano più navi cariche di migranti da portare in Italia, noi non ci stiamo.

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