sabato 8 gennaio 2022
Le Asl nel caos da Nord a Sud con il crescere dei contagi e la necessità di gestire controlli e quarantene per milioni di persone
Coda in una farmacia a Milano per il tampone Covid-19

Coda in una farmacia a Milano per il tampone Covid-19 - Ansa

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Come il gatto che si morde la coda, così il problema di Omicron torna ad essere lo stesso dei giorni prima di Capodanno: rintracciarla, prima che gestirla. Il nodo dei tamponi è stato soltanto sfiorato dal nuovo decreto del governo, che estende sì il Super Green pass (cioè il certificato ottenuto solo con vaccini o guarigione) a molte attività, ma lascia ancora aperta la porta al certificato base per alcune di quelle essenziali, a partire dal lavoro. Che fino al 15 febbraio sarà ancora accessibile anche a chi è in possesso di tampone negativo.

Risultato: il sistema dei test, già in forte crisi per l’aumento vertiginoso dei casi (e quindi dei possibili contatti), dovrà farsi carico ancora per oltre un mese dei milioni di richieste dei no-vax.

La data spartiacque è la ripresa del 10 gennaio, che segna il ritorno sui banchi e per molti in azienda: come avere la certezza di non essere contagiati? Come avere quella di non essere più positivi e uscire dalla quarantena? Come ottenere – si diceva poco fa – il Green pass base per aggirare ancora un po’ lo scoglio dei vaccini? Serve il tampone, e il tampone è merce rarissima e sempre più ricercata in queste ore di caos dentro e fuori dagli ospedali. La corsa è ricominciata: dove le code erano andate un po’ scemando nei primi giorni dell’anno, hanno ricominciato a formarsi. In mezzo Paese, invece, non si sono mai esaurite.

Il problema principale, manco a dirlo, è di nuovo quello della scuola. Con quasi 8 milioni di studenti pronti a rimettersi sui banchi e le nuove regole previste per monitoraggio e quarantene (tamponi di controllo a ogni caso, alle elementari addirittura al primo giorno e al quinto dalla notizia del primo contagio, quindi due per studente) è facile prevedere il carico di diagnosi a cui farmacie e laboratori andranno incontro a partire da settimana prossima.

In campo ci dovrebbe essere la struttura del commissario all’Emergenza Figliuolo, che già prima di Natale aveva impegnato il comparto della Difesa nel difficile compito di garantire lo screening immediato a livello scolastico: l’aiuto offerto alle Asl, tuttavia, è stato a macchia di leopardo, per lo più considerato inefficace o tardivo rispetto ai tempi necessari per gli esiti (se i tamponi di controllo vengono effettuati dopo 5 o 6 giorni dall’emergere di un positivo la procedura, è chiaro, perde di senso e di utilità).

Il grosso dei test, insomma, ricadrà nuovamente sulle aziende sanitarie locali, che si sono organizzate e riorganizzate sì durante la pausa natalizia con nuovi hub, ma che di fronte a un carico di lavoro insostenibile e all’assenza di molti operatori causa Covid, potrebbero presto alzare le mani.

L’altra ferita aperta è quella della “liberazione” dei positivi, che sempre un tampone – sebbene anche rapido ora – richiede. Con l’incognita per altro sempre in agguato dell’imprecisione dei test rapidi in questo senso: uno su due, secondo molti esperti, falso negativo. Il nodo da sciogliere in questo caso – e in fretta – è quello dei servizi essenziali: perché a casa, col Covid e nella maggior parte dei casi senza sintomi o con un po’ di mal di gola, ci sono migliaia di medici, infermieri, autisti di mezzi pubblici, poliziotti, insegnanti. Cioè la spina dorsale senza cui il Paese rischia davvero di andare in lockdown.

La quarantena nella migliore delle ipotesi – cioè quella di chi è vaccinato con 3 dosi o con due da meno di 4 mesi – dura 7 giorni, ma richiede appunto un test negativo per essere dichiarata conclusa: evento non così scontato, visto che proprio secondo molti medici (che in queste ore stanno chiedendo nuove regole per la gestione delle quarantene) la variante Omicron sarebbe lieve ma anche molto più difficile da eliminare.

Positivi, insomma, in molti casi si resta ben oltre i 7 giorni. Risultato: tamponi su tamponi, a due giorni di distanza magari. Se, quando e a che cifra si trova la possibilità di farli, naturalmente.

E poi ci sono i contatti dei positivi: un esercito di 800mila persone ogni giorno (se si tiene come parametro il dato di 200mila casi quotidiani e di 4 persone potenzialmente contagiate ogni caso), che seppure dispensate dalla quarantena nell’eventualità abbiano ricevuto la terza dose o la seconda da meno di 4 mesi, verosimilmente si riversano comunque sulle farmacie in cerca di una conferma per non contagiare familiari o amici.

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