martedì 24 settembre 2019
Udienza pubblica dei giudici costituzionali per decidere se non punire più chi aiuta altri a morire Scaduto il termine concesso al Parlamento, resta l’ipotesi di un nuovo margine garantito alle Camere
Era l’autunno 2018 quando  la Consulta sceglieva  di sospendere  il giudizio sull’applicazione del Codice penale nel processo Cappato. Ora parti a confronto su un bivio decisivo

Era l’autunno 2018 quando la Consulta sceglieva di sospendere il giudizio sull’applicazione del Codice penale nel processo Cappato. Ora parti a confronto su un bivio decisivo

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L’inerzia del legislatore cede il passo alla Consulta, convocata per stamattina alle 9.30 per decidere sulla punibilità del suicidio assistito in merito al caso Cappato- Dj Fabo. La questione è delicatissima, a tema ci sono principi fondamentali quali il diritto alla vita, il diritto alla salute e la libertà della persona, che tirano in ballo anche il ruolo di medici e paramedici, chiamati per vocazione alla promozione della vita. La Corte torna a riunirsi dieci mesi dopo l’ordinanza 207 con la quale – intervenendo su questo caso, sollevato dalla Corte d’Assise di Milano – si scelse una strada senza precedenti: pur cogliendo aspetti di incostituzionalità nella parificazione fra suicidio assistito e vera e propria istigazione al suicidio («a prescindere dal contributo alla determinazione o al rafforzamento del proposito al suicidio ») si decise, proprio in omaggio alla delicatezza della materia, di differire il pronunciamento, fissando già allora la nuova udienza per oggi. In quell’occasione la Consulta reputò «doveroso – in uno spirito di leale e dialettica collaborazione istituzionale – consentire al Parlamento ogni opportuna riflessione e iniziativa, così da evitare, per un verso, che, una disposizione continui a produrre effetti reputati costituzionalmente non compatibili, ma al tempo stesso scongiurare possibili vuoti di tutela di valori, anch’essi pienamente rilevanti sul piano costituzionale».

L’argomento, lungamente esaminato in commissione alla Camera, per via delle divisioni fra le forze politiche non è mai approdato in aula. Poi, proprio quando la parola sarebbe dovuta passare al Senato, è intercorsa una lunga pausa dei lavori parlamentari di oltre un mese per via della crisi di governo, la qual cosa ha indotto un nutritissimo cartello di sigle dell’associazionismo cattolico a chiedere la concessione di una proroga ai lavori parlamentari, richiesta concretizzatasi in un documento redatto l’11 settembre in un seminario, nel corso del quale la Cei (che ieri ha ribadito l’invito a «non introdurre nell’ordinamento pratiche eutanasiche») attraverso il suo presidente, il cardinale Gualtiero Bassetti, aveva invocato la concessione di «tempi supplementari» alla discussione.

Per il magistrato Alfredo Mantovano (vicepresidente del Centro studi Livatino ed ex sottosegretario all’Interno) «la concessione di una proroga dei tempi ci sta tutta. Se la delicatezza del caso – ragiona Mantovano –, con la necessità di intervenire in dettagli specifici come l’obiezione di coscienza, motivò quella scelta senza precedenti di concedere del tempo perché il sistema bicamerale potesse pronunciarsi, non si può non prendere atto che, di fatto, il Senato non ha avuto la possibilità di pronunciarsi». Lo stesso premier Giuseppe Conte al Senato aveva auspicato che «il Parlamento trovi il modo e le occasioni per approfondire ». La senatrice Paola Binetti, dell’Udc, auspica che la Consulta voglia dare seguito allo «spirito di leale e dialettica collaborazione istituzionale» concedendo un nuovo termine.

Lo stesso spirito che, su mandato univoco dei capigruppo, ha mosso la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati a telefonare al presidente della Consulta Giorgio Lattanzi. Un’iniziativa «assolutamente informale», ha precisato la presidente, di fronte alle critiche di chi si oppone all’ipotesi di rinvio. Ancora ieri manifestava la sua contrarietà il presidente della Consulta di Bioetica Maurizio Mori, e lo stesso Marco Cappato parlava di «forti pressioni», laddove – in realtà – anche nel fronte proeutanasia si sono levate voci come quella di Emma Bonino ad auspicare che su temi come questi la decisione venga dal legislatore. Dalla mobilitazione delle associazioni è venuta fuori anche un’ampia convergenza su una proposta che prevede un’attenuazione della pena per alcune casistiche di suicidio assistito (in ambito familiare e in presenza di patologie lunghe e irreversibili) abbinata a un rafforzamento su tutto il territorio nazionale delle cure palliative.

Ancora ieri l’Avvocatura in missione in collaborazione con il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma ha tenuto un seminario di approfondimento sul tema «Dalla corte Costituzionale un via libera all’eutanasia? », sintetizzando una domanda che attraversa l’associazionismo cattolico ma anche il mondo della medicina. Un invito a lottare per la vita che viene anche da Emmanuele Di Leo, presidente di Steadfast onlus, per non replicare in Italia casi come quelli di Thomas e Kate Evans, che hanno dovuto soccombere nella loro battaglia in difesa del figlio Alfie, senza mai interrompere da allora la loro battaglia. Se ne saprà di più domani pomeriggio, quando la Consulta si riunirà in camera di consiglio per decidere se concedere una 'proroga' al Parlamento, o se – diversamente – indicare al legislatore chiaramente i paletti entro cui legiferare sul suicidio assistito.

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