venerdì 7 maggio 2021
La componente di centrodestra della maggioranza di governo chiede invano uno dei due curatori del provvedimento. I deputati chiamati a tradurre in legge la sentenza della Corte Costituzionale
Lega e Fi stoppano il relatore 5 stelle

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Alla Camera, ieri, avrebbe dovuto essere depositato il testo base della proposta di legge sul suicidio assistito. Così però non è stato: il centrodestra ha contestato il secondo relatore della proposta di legge, e la giornata si è conclusa con un nulla di fatto. Ma andiamo con ordine. Competenti a discutere in prima battuta la bozza normativa, a Montecitorio, sono le commissioni riunite Giustizia e Affari sociali. Per la prima, relatore è Alfredo Bazoli (Pd), per la seconda sarebbe Nicola Provenza (M5s), avvicendato a Giorgio Trizzino (stesso parttito). Ma è stato proprio il nuovo nome a far scoppiare la bagarre: ora infatti che Lega e Fi fanno parte della maggioranza ritenevano di dover esprimere loro il secondo relatore.

Da qui, il dietrofront di ieri. «Sono sorpreso – ha dichiarato ieri Bazoli –: avevamo concordato in Ufficio di presidenza che oggi avremmo depositato il testo base, che è da discutere ed è aperto ai contributi degli altri gruppi». Il deputato del Pd tiene particolarmente a questa legge: non ne è infatti solo il relatore ma anche l’estensore del testo base. Una versione, spiega ad Avvenire, che spazza via «i testi di partenza, del tutto inconferenti rispetto alla sentenza della Corte Costituzionale »: il riferimento è alla 242 del 2019, che ha aperto una (seppur angusta) finestra di non punibilità dell’aiuto nel suicidio, e che ha onerato il Parlamento di legiferare al riguardo. Decisione di voler morire as- sunta in autonomia e libertà, sottoposizione a trattamenti di sostegno vitale, presenza di una patologia irreversibile, che sia fonte di sofferenze fisiche o psichiche ritenute intollerabili da chi le sopporta: sono queste le condizioni per cui una persona, secondo i giudici costituzionali, può chiedere di farla finita, con l’assistenza del Servizio sanitario nazionale, e previa audizione del Comitato etico locale.

E «più si sta su questi binari – è convinto Bazoli – più si raccoglie il consenso politico necessario alla prosecuzione dell’iter legislativo». Suona come una dichiarazione programmatica questa, posto che – sia prima sia dopo la sentenza della Consulta – non sono mancate e non mancano spinte che vorrebbero ampliare ulteriormente il dettato della Corte. L’ultima di queste, in ordine di tempo, è stata la sentenza della Corte d’Appello di Genova che ha confermato l’assoluzione di Mina Welby e Marco Cappato, rispettivamente co-presidente e tesoriere dell’Associazione radicale Luca Coscioni, imputati per aver aiutato a morire in un centro specializzato svizzero Davide Trentini.

Il 53enne era malato di Sclerosi multipla ma non dipendeva da macchinari salvavita. Dunque la condotta dei due esponenti radicali sembrava lontana dalla finestra di non punibilità sancita dalla Consulta. Ma la Corte d’Assise di Massa prima e i giudici liguri poi hanno deciso diversamente. E per assolvere si sono convinti della tesi sostenuta da Cappato e Welby secondo cui l’espressione «trattamenti di sostegno vitale» non doveva comportare necessariamente la presenza di una macchina (come per esempio un respiratore) o della nutrizione assistita ma poteva consistere anche semplicemente in una terapia farmacologica. Sotto un profilo più generale, però, ben prima di questa pronuncia giacevano in Parlamento 5 proposte di legge sul fine vita.

La prima, di iniziativa popolare, risale al 2013 e vorrebbe introdurre l’eutanasia (passo ulteriore rispetto al suicidio assistito) in presenza di condizioni meno rigorose rispetto a quelle previste dalla Consulta. Di tenore simile sono le bozze depositate da Michela Rostan (Misto), Doriana Sarli (M5s) e Andrea Cecconi (ex M5s), risalenti al 2019, avversate sul fronte opposto da quella di Alessandro Pagano (Lega), che vorrebbe ridurre (non rimuovere) la pena della reclusione per chi aiuti a morire un familiare convivente, affetto da una patologia irreversibile fonte di sofferenze intollerabili. Bazoli, con il suo testo base, vorrebbe fare sintesi tra queste opposte posizioni nel segno dei 'binari' posti dalla Consulta. E anche per questo ieri ha dichiarato che «l’aggiornamento della discussione sul suicidio assistito mi auguro non pregiudichi un clima costruttivo e un serio confronto».

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