mercoledì 15 maggio 2019
La lettera aperta di monsignor Marconi: «Ho troppo a cuore la difesa della vita e del futuro dei giovani per farmi spaventare dall’accusa di fare propaganda politica»
Il vescovo Nazzareno Marconi

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Macerata Il questore Antonio Pignataro chiude i negozi che vendono prodotti con la cannabis light che non rispettano la legge. E il vescovo Nazzareno Marconi gli scrive una lettera aperta, per esprimere solidarietà e sostegno alla battaglia. La polizia ha dichiarato guerra alla cannabis light, e alla droga in ogni sua forma, a Macerata, specialmente dopo le ferite causate alla città dai tragici eventi dello scorso anno. A cominciare dal massacro di Pamela Mastropietro, la 18enne di Roma che fuggì dalla comunità di recupero e finì fatta a pezzi e abbandonata in due trolley.

«Il suo impegno – scrive ora il vescovo al questore – nella lotta contro la diffusione “legale” della cannabis (marijuana) è da sostenere con fermezza. Anche io, come lei, ho troppo a cuore la difesa della vita e del futuro dei giovani per farmi spaventare dall’accusa di fare con ciò propaganda politica. D’altra parte fare di questo tema un discorso “di parte” mi sembra profondamente sbagliato, tutti dovrebbero informarsi seriamente sul tema e se lo facessero credo che davvero pochi resterebbero dalla parte di chi difende la cannabis».

Un tema che il vescovo conosce bene, sia per l’esperienza ormai quarantennale di educatore di giovani, che per 15 anni di amicizia con i giovani ex-tossici delle 'Case della Carità' dell’Umbria. «Ma se questo non bastasse a far riflettere il nostro popolo maceratese, riporto alcune citazioni di persone più autorevoli di me». Da Papa Francesco («La droga è un male, non ci possono essere cedimenti o compromessi») a docenti universitari e scienziati, passando per San Giovanni Paolo II (che nel 1991 aveva detto: «Non si può parlare della “libertà di drogarsi” né del “diritto alla droga”, perché l’essere umano non ha il diritto di danneggiare sé stesso») sono molti i nomi celebri a cui fa riferimento monsignor Marconi nella sua lettera.

«Macerata è città universitaria – prosegue Marconi – e questo significa che come città abbiamo tutti la responsabilità non solo di comunicare nozioni ma di “educare” un numero significativo dei giovani che saranno la futura classe dirigente del Centro Italia. Favorire per loro uno stile di vita che renda facile e normale sbronzarsi ogni giovedì sera e affrontare la fatica delle tensioni e delle inevitabili prove della vita fuggendo nelle droghe più o meno velenose, è una responsabilità grave verso il loro futuro e quello del nostro Paese, di cui i maceratesi onesti non dovrebbero caricarsi. Cui prodest?, chi ci guadagna e quanto dall’operazione cannabis light e relativi negozi?».

Tutto a Macerata è cominciato a fine giugno dello scorso anno, quando il questore Pignataro, fece chiudere due negozi in cui si vendevano prodotti con cannabis light. Le indagini erano durate un paio di mesi, durante cui erano state monitorate circa 100 persone, acquirenti, tra loro anche minorenni. Dalle analisi sulle sostanze sequestrate, con esito positivo, è emerso che il Thc superava le dosi consentite. Da quel momento, si erano trovate a rischio tutte le attività, anche le più piccole, come tabaccherie ed edicole che hanno in vendita questi prodotti. Il questore allora aveva promesso che i controlli a tappeto sarebbero continuati. E così è stato. «Non esiste droga light legale – ha sempre detto il questore Pignataro – con qualsiasi livello di Thc è sempre illegale. Le mamme vengono da me a chiedere aiuto, e io le ascolto, agisco per tutelare i giovani, i nostri figli».

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