lunedì 6 aprile 2020
Per la prima volta superate le 10mila chiamate. I morti sono stati 446. «Ma ora è necessario stare a casa», ricorda il presidente generale del Club alpino, Vincenzo Torti
Soccorso alpino, record di interventi nel 2019
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Il 2019 è stato un anno di super-lavoro per il Soccorso alpino italiano. Per la prima volta, è stata superata la soglia psicologica dei 10mila interventi (10.234 per la precisione), con un aumento di quasi mille casi rispetto ai 9.554 del 2018 (+7,1%). Le persone tratte in salvo sono state 10.073, di cui 3.376 (pari al 33,5%) illesi. I feriti sono stati 6.190 (61,4%), mentre i morti sono stati 446, in leggero calo rispetto ai 458 del 2018. Fra le attività che hanno richiesto soccorso al Cnsas nel 2019, la più coinvolta è l’escursionismo con 4.415 casi (43,8% del totale), seguito dallo sci alpino e nordico, con 1.602 operazioni di soccorso. Seguono l’alpinismo con 613 soccorsi, mountain bike con 571, ricerca funghi (504), scialpinismo (316). Fra le cause, al primo posto restano le cadute e le scivolate (4.653 casi, il 46,2% del totale). Segue poi l’incapacità a continuare il percorso (2.630 casi, il 26,1%) che comprende oltre all’incapacità di proseguire o di tornare sui propri passi, il ritardo, la perdita dell’orientamento e lo sfinimento. Seguono i malori (1.239 richieste di soccorso, 12,3%) un dato in costante crescita in rapporto anche con l’invecchiamento della popolazione del nostro Paese.

Rete sempre più attiva sul territorio

«L'aumento degli interventi - spiega il presidente nazionale del Soccorso alpino, Maurizio Dellantonio - è frutto di una più intensa frequentazione delle montagne italiane, caratterizzata anche da un’estate particolarmente mite. Ma questi dati dimostrano anche che la nostra rete di stazioni di soccorso (242 stazioni alpine, 27 speleologiche) è sempre più attiva sull’intero territorio del Paese e che il nostro Corpo, anno dopo anno, cresce in numeri, professionalità e riconoscimento da parte di istituzioni e cittadini».

«Adesso bisogna stare a casa»

In collaborazione con il Soccorso alpino austriaco, il Cnsas ha realizzato un video per invitare gli appassionati a rispettare le regole e restare a casa. In caso di incidente, infatti, si distoglierebbero medici e infermieri dalla battaglia al coronavirus, andando a gravare sugli ospedali già sotto pressione. «Ricordiamo a tutti, soprattutto agli irriducibili - sottolinea il presidente generale del Club alpino italiano, Vincenzo Torti, in una lettera ai soci - che “Le montagne sanno aspettare”, richiamando alla pazienza e alla rinunzia, qualità che ci hanno insegnato i più grandi alpinisti».

Ma c'è ancora chi esce (e si fa pure male)

Nonostante gli appelli, c'è ancora chi continua a praticare attività all'aperto, con il rischio di infortunarsi. È successo poco fa a Madonna di Campiglio, in provincia di Trento, dove il Soccorso alpino è dovuto intervenire per recuperare un alpinista intento a scalare una falesia in solitaria. I soccorritori e l'equipe medica lo hanno trovato alla base della parete, con diversi traumi ma ancora cosciente. Dopo averlo issato a bordo dell'elicottero, lo hanno trasportato all'ospedale Santa Chiara di Trento. Adesso, però, l'uomo rischia una denuncia per aver violato la disposizione che vieta l'attività all'aperto, soprattutto se potenzialmente pericolosa.

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