lunedì 24 ottobre 2022
Torna in Ucraina il Movimento di azione nonviolenta. Intorno allo stesso tavolo i primi cittadini dei due Paesi. Moretti (Mean): è necessario esserci, la solitudine genera desideri di sopraffazione
Sindaci italiani e società civile a Leopoli: «Non lasciamo solo questo popolo»

Ansa

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Sono tornate a suonare anche a Leopoli le sirene anti-missile. E la scorsa settimana la Farnesina aveva chiesto ai nostri connazionali di lasciare l’Ucraina per ragioni di sicurezza. Eppure, alla fine, i “pacificatori” italiani, e con loro una delegazione di sindaci e rappresentanti dei municipi della Penisola, sono entrati ieri sera nel Paese in guerra, esattamente nel giorno in cui ricorrevano gli otto mesi dall’inizio dell’invasione russa. Valigie trascinate a mano e bandiere arrotolate, hanno varcato a piedi il confine con la Polonia. Ad attenderli, dall’altra parte della frontiera, un autobus che li avrebbe portati a Leopoli per un incontro senza precedenti da quando le bombe di Mosca distruggono e seminano morte (e odio): quello che oggi farà sedere intorno allo stesso tavolo sindaci italiani e sindaci ucraini.

Certo, l’escalation militare aveva alimentato l’ipotesi che potesse saltare la missione “dal basso” voluta dal Mean, il Movimento europeo di azione nonviolenta nato in Italia e che raccoglie 35 sigle della società civile, dal mondo cattolico a realtà con una marcata connotazione politica. «Oggi è concreto il pericolo che la popolazione ucraina sia lasciata sola, anche per le paure che hanno le genti in Occidente. Ed è nella solitudine che germogliano desideri di sopraffazione – spiega il portavoce Angelo Moretti –. Essere presenti fisicamente a fianco di una nazione attaccata, come forza nonviolenta, diventa quanto mai necessario». È la quarta spedizione del Mean in Ucraina: le prime due erano state tra maggio e giugno, per prendere i contatti con il volontariato locale; la terza a luglio, per la prima marcia nonviolenta a Kiev con cinquanta italiani. Stavolta sono ventidue fra esponenti della società civile e delle amministrazioni locali. Ad attenderli venticinque primi cittadini ucraini, a cominciare da quelli di Leopoli e dell’omonima regione che hanno partecipato all’organizzazione del summit.

«C’è bisogno di indurre i capi di Stato verso scelte più coraggiose sulla pace», spiega Giuseppe Nobile, sindaco di Castel di Lucio, in provincia di Messina, che ha già ospitato le famiglie ucraine nei campi estivi. «Si deve aprire un dialogo – aggiunge – che finora è stato inesistente, per interrompere questa spirale di violenza che è uno scempio nel cuore dell’Europa. Sono da sempre obiettore di coscienza, con tanti amici dell’Azione cattolica con cui abbiamo condiviso la scelta alla scuola di don Lorenzo Milani e don Tonino Bello. Ecco, serve una svolta che parta dai territori e che veda in prima linea le persone».
L’iniziativa trova l’appoggio dell’Anci, l’Associazione nazionale Comuni italiani. Come dimostra il messaggio giunto alla vigilia della partenza dal sindaco di Prato, Matteo Biffoni, che è presidente di Cittalia, la fondazione per la promozione dell’integrazione e della cittadinanza: «Buon lavoro. Essere comunità significa anche aiutarsi fra Comuni. Il supporto dei Comuni italiani a quelli ucraini ha un obiettivo chiaro: sostenere le popolazioni martoriate, ricostruire il domani dei territori».

Accanto alle istituzioni, l’associazionismo con i suoi molteplici volti che sono l’anima del Mean. «Invece di favorire i soggetti armati, siamo chiamati a formare cittadini “di pace” – afferma Simone Feder, psicologo ed educatore della “Casa del giovane”, fondata a Pavia da don Enzo Boschetti –. C’è un mondo che si sta mettendo in gioco e c’è una rete di sindaci dei due Paesi che possono contribuire al cammino dei corpi civili di pace». Scopo dell’appuntamento, promosso con la collaborazione del Movimento dei focolari, è quello di arrivare a firmare “patti di azione nonviolenta” fra le città. Qualcosa di più di un atto di gemellaggio. «Si tratta di costruire alleanze attraverso la relazione fra le comunità, sia supportando l’impegno dei Comuni ucraini nell’accoglienza dei rifugiati interni, sia guardando al futuro: ad esempio progettando la ripresa economica o l’educazione dei giovani. Non possiamo fermare la guerra ma possiamo inventarci nuove strade per far avanzare la pace».

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