mercoledì 31 ottobre 2018
Per la prima volta, i sostenitori della Tav escono chiaramente allo scoperto, facendo esplodere il caso di una nuova 'questione settentrionale'. Boccia: è in gioco il nostro futuro
La presentazione dello scavo del versante francese del tunnel ferroviario dell’Alta velocità, il 21 luglio 2016 (Ansa/Di Marco)

La presentazione dello scavo del versante francese del tunnel ferroviario dell’Alta velocità, il 21 luglio 2016 (Ansa/Di Marco)

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Il caso Tav fa riesplodere la questione settentrionale. L’industria del Nord mette nel mirino il governo e parla di «ore decisive». È in gioco lo sviluppo di un intero territorio, che senza la Torino-Lione rischia un inarrestabile declino. Non è solo Confindustria a schierarsi apertamente a favore dell’opera, ma anche le associazioni territoriali, in un inedito asse a tre che mette insieme Milano, Torino e Genova. Un modo per mettere sull’avviso Palazzo Chigi e forse più ancora la Lega, che nel nord Italia ha il suo più grande bacino di voti: fate attenzione, con il no all’Alta velocità, rischiate di mettervi contro la parte produttiva del Paese. Nello stesso tempo, il fronte contrario all’infrastruttura incassa il segnale arrivato dalla maggioranza grillina guidata da Chiara Appendino nel capoluogo piemontese, ma mantiene cautela per i possibili colpi di coda della vicenda. «Staremo in guardia, ma la guerra non è finita» dicono i duri e puri della Val Susa, che guardano con un misto di diffidenza e timore ai 'mal di pancia' recenti emersi su più temi nella base grillina.

L’appello alla responsabilità «Spero che anche per la Tav, come per il Tap in Puglia, il presidente Conte si assuma la responsabilità di farla» apre le ostilità il presidente di Confindustra, Vincenzo Boccia, a Ivrea per l’assemblea degli industriali del Canavese. «Il problema non sono le penali ma quanto ci costa e quanto perdiamo in futuro rispetto agli altri. La penale del presente è solo una dimensione del problema. Il tema è qual è la dimensione di futuro e quale l’impatto sull’economia reale». Poi c’è l’appello congiunto lanciato da Assolombarda, Unione Industriale di Torino e Confindustria Genova. «Rimettere in discussione» l’Alta Velocità e il Terzo Valico «è un colpo mortale alle possibilità di sviluppo del Nord Ovest, delle sue imprese, dei suoi occupati, della possibilità di realizzare una migliore coesione sociale». È come se d’improvviso, dopo anni di subalternità 'culturale' al movimento no Tav, fosse successo qualcosa: i sostenitori della Tav, da sempre silenziosi, hanno deciso di rompere gli indugi e hanno messo nero su bianco un «grande appello alla responsabilità» fatto a nome di oltre 545mila imprese. Così si evoca una nuova Marcia dei 40mila, si lancia l’urlo 'Adesso basta', come slogan di una campagna di comunicazione voluta dal sistema dei 'piccoli' dell’Api Torino. Quanto è accaduto lunedì sera in Consiglio comunale a Torino con l’ordine del giorno contro la Tav «non è che l’ultimo grave esempio di quello che sta accadendo – spiega l’Associazione della piccola e media imprese torinese –. Chiamiamo a raccolta tutta la società civile e protestiamo contro un governo, una classe politica, le istituzioni locali e nazionali, contro chi si nasconde la realtà. Protestiamo contro chi si rifiuta di progettare seriamente un futuro migliore di oggi». Il valore della Tav, per gli industriali, va letto anche alla luce del progetto ad esso legato con il Terzo Valico, ritenute due opere infrastrutturali fondamentali e interconnesse. La prima supporta, sulla direttrice est-ovest, il surplus commerciale italiano di circa 10 miliardi di euro sui 70 complessivi di interscambio con la Francia, per oltre il 90% realizzato oggi via gomma, mentre la seconda sull’asse verso il Centro Europa «abbatte – dicono le imprese – il vantaggio finora conseguito dai porti nordeuropei sul primo porto commerciale container d’Italia».

La prudenza del fronte del no La mobilitazione in corso, che polarizza gli animi e rende ancora più aspro il confronto sul territorio, non ha risparmiato il sindacato. Ieri la Cgil di Torino ha approvato una mozione contro la Tav, passata con 163 voti a favore, 47 contrari e 22 astensioni. «Contestiamo l’idea che il contrasto al declino di Torino possa avvenire attraverso le grandi opere» è stato il senso della presa di posizione del sindacato cittadino, in aperto contrasto con quanto affermato dal segretario confederale della Cgil, Vincenzo Colla, secondo cui «la decisione del Consiglio comunale di Torino e del governo di bloccare i lavori della Tav è assolutamente sbagliata ».«Le grandi opere devono essere realizzate» ha aggiunto il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, ricordando il sostegno alla Tav previsto dalla piattaforma programmatica delle tre organizzazioni confederali. «Non c’è bisogno della Tav per il traffico merci né per i passeggeri» ha replicato Fiom Torino. Più compatto, rispetto all’universo composito dei lavoratori, appare il movimento dei cittadini da sempre in campo contro l’opera, con manifestazioni, sit in e proteste, anche se il registro che accomuna le reazioni della popolazione valsusina è unanimemente quello della prudenza. Troppo fresche sono ancora le parole pronunciate questa estate dal leader No Tav Alberto Perino. «Per noi non esistono governi amici» aveva avvisato, all’indirizzo soprattutto del M5s. La posizione più innovativa, su questo versante, è forse quella di Nilo Durbiano, primo cittadino di Venaus, che auspica una «soluzione di tipo politico: no a una nuova linea ferroviaria ad alta velocità, sì a una linea Tav con gli opportuni adattamenti di quella già esistente». Mondi che non si parlano, quelli della Valle e quelli della città, e che non hanno assolutamente voglia di farlo: per questo, la sintesi di cui si è fatto carico il governo Conte appare difficilissima.

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