lunedì 28 agosto 2017
È nato a Roma da genitori di origine polacca
Senza il passaporto niente mondiali di judo
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Michal Borucki vive a Roma, nel quartiere Monteverde. Lo troviamo incollato allo schermo per seguire i Mondiali cadetti di judo in corso a Santiago in Cile. Il problema è proprio questo: se avesse avuto la cittadinanza italiana, Michal non li avrebbe seguiti alla televisione ma gareggiando sulla pedana vestendo la maglia azzurra. «Questo sport – racconta con rammarico il ragazzo – è la mia passione. Mi alleno da 12 anni, ho partecipato a quattro campionati italiani, salendo sul podio in tre». Dal punto di vista tecnico aveva tutte le carte in regola per essere convocato. Tranne il passaporto…. Lo scorso gennaio, i genitori hanno chiesto la cittadinanza del Belpaese, ma i tempi della burocrazia in questi casi sono estenuanti (di solito dai 2 ai 5 anni per una risposta). Quando gli chiedo se si senta italiano, Michal quasi non capisce la domanda: «Certo», taglia giustamente corto. Poi aggiunge: «Ho provato a spiegare ai miei compagni perché non posso essere convocato in Nazionale, ma è abbastanza assurdo da capire. Non vedono differenze tra me e loro; abbiamo le stesse passioni, dalla palestra a uscire con gli amici». I suoi genitori – la madre è custode alle Scuderie del Quirinale, mentre il padre lavora nell’edilizia – sono arrivati a Roma dalla Polonia prima della nascita del figlio. L’adolescente, che frequenta il liceo economico, è infatti «qui da una vita», partorito all’ospedale San Camillo. Eppure, per la legge, ancora non italiano.

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