mercoledì 25 settembre 2019
Parla la segretaria confederale della Cgil, Tania Scacchetti. Continua il dibattito sulla riflessione proposta da "Avvenire". Le risposte del sindacato e di chi per primo ha affrontato il nodo
«Servono garanzie e contratti. O meglio cambiare modello»
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Tania Scacchetti, segretaria confederale della Cgil, che cosa pensa della riflessione che abbiamo lanciato sul nostro ruolo di clienti/consumatori, proponendo una sorta di 'sciopero' delle ordinazioni fin tanto che le piattaforme di consegna del cibo a domicilio non garantiranno tutele minime ai ciclofattorini?

Mi sembra non solo una buona idea, ma una riflessione opportuna e importante. Come consumatori dobbiamo chiederci se il costo reale di un servizio, quasi gratuito ma sul quale c’è un utile da parte di alcune società, viene pagato dai lavoratori, in termini di sotto- tutela. Quello dei modelli di consumo, verso quali esiti conducono, è un grande tema che ci interpella tutti.

Quali dovrebbero essere le tutele minime da garantire ai ciclofattorini? Anzitutto il diritto a un compenso dignitoso, che non è solo una cifra adeguata, ma in particolare il superamento del cottimo puro, del compenso a singola consegna. Altrettanto importante è la questione della sicurezza e salute del lavoratore. Perciò non solo assicurare i rider all’Inail e dare loro copertura previdenziale, ma prevedere la necessaria dotazione di dispositivi individuali di sicurezza come casco, luci, ecc. Anche perché in questo segmento di attività il rischio di incidente è alto, con potenziali effetti invalidanti. Poi ci sono altri temi che potrebbero essere sviluppati come il diritto al riposo e la trasparenza del sistema di costruzione del ranking e dell’algoritmo che premia e penalizza i lavoratori, regolando le prestazioni. Con il rischio che si alimenti anche una concorrenza spietata fra gli stessi lavoratori per accaparrarsi gli orari e le consegne migliori, fino a fenomeni che potremmo chiamare di «autosfruttamento » fra i rider stessi.


Quale trattamento dei lavoratori siamo disposti ad accettare quando si tratta degli altri e non di noi? Le condizioni lavorative e di sicurezza di coloro che ci portano il cibo a casa in bicicletta ci interrogano

Il decreto del governo va nella direzione giusta? È sufficiente? Sufficiente, certamente no. Non corrisponde neppure a quanto gli stessi esponenti del governo giallo-verde avevano prospettato, finendo per deludere le attese che si erano create tra i rider. Ha un solo punto fortemente positivo che è quello della assicurazione obbligatoria per tutte le tipologie di lavoratori coinvolti. Ma poi, appunto, non chiarisce le ambiguità sulla natura del rapporto. E quanto alla remunerazione prevede questa sorta di cottimo parziale che, a nostro parere, è negativo. Il vero limite di tutta questa vicenda è che la soluzione non può che venire da una vera contrattazione fra le parti, inserendo questi lavoratori nelle tutele complessive di un contratto nazionale.

Decreti e contrattazione, con tutele e limiti. Non c’è però il rischio di 'soffocare' questa attività? La questione decisiva è: se il lavoro, pur nella discontinuità, nella libertà di prestazione e nell’'agilità' offerta dalle nuove tecnologie, viene riconosciuto e l’apporto delle persone viene valorizzato, bene. Se invece si dovesse verificare che questa o altre attività della gig economy, si reggono esclusivamente sulla sottotutela, sul sotto-pagamento, sull’insicurezza dei lavoratori, allora dovremmo porci la domanda se è ciò che davvero vogliamo.

C’è un ritardo del sindacato nell’affrontare questi temi e una diffidenza dei giovani nei vostri riguardi? Non si possono negare ritardi, difficoltà a rappresentare questi nuovi segmenti del lavoro e diffidenze. Il sindacato confederale però è in campo, ha previsto tutele per i rider nel contratto della Logistica. E, a livello locale, quando la Cgil organizza iniziative e spazi di condivisione le adesioni dei giovani sono significative.

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