sabato 3 agosto 2013
Le origini scritte nel Dna degli isolani. Francesco Cucca (Cnr): questo lavoro sarà prezioso anche per studiare i fattori genetici di rischio per malattie frequenti nell’isola e nel resto del continente.
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Gli europei? In fondo sono tutti un po’ sardi. Con buona pace dei "cultori" della razza pura (le cui teorie non hanno mai generato buoni frutti). Perché per conoscere la storia dell’Europa, le curiose vicende del primo popolamento del Vecchio Continente e per ottenere una stima (ulteriore rispetto a quanto già sappiamo) sull’epoca di origine dell’Homo sapiens moderno, occorre studiare il Dna dei sardi. Meglio, il cromosoma Y. Quello, per capirci, che viene trasmesso solo dai padri ai figli maschi e che nei maschi, appunto, non ha ricevuto "rimescolamenti" tra i contributi paterni e materni tipici degli altri cromosomi.Insomma, osservando le mutazioni presenti su questo cromosoma, si ottiene una sorta di antichissima clessidra. O, se preferite rispettare il gergo scientifico, ecco la traduzione più appropriata: un "orologio molecolare". Con il quale intraprendere un viaggio affascinante quanto remoto nel nostro passato. I ricercatori che lo hanno utilizzato, quasi fosse una macchina del tempo, sono risaliti ai progenitori africani di tutti gli uomini della nostra specie, vissuti circa 180.000-200.000 anni fa, un’epoca più antica di oltre 50.000 anni rispetto a quanto indicato dalla maggior parte degli studi precedenti. E questo grazie ai dati disponibili sui "campioni" sardi.Così, grazie a questa clessidra, è stato possibile scoprire che nella popolazione isolana vi è la maggioranza delle varianti del cromosoma Y presenti nel continente europeo. La ricerca, compiuta sul Dna di 1.200 sardi (un’ampiezza record), ha ottenuto una delle vetrine più prestigiose al mondo: quella delle pagine di Science. Ed è stata condotta, primariamente, da tre gruppi. Manco a dirlo sardi: l’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Irgb-Cnr) di Monserrato (Cagliari), il Centro di sequenziamento e supercalcolo del Crs4 e l’Università degli studi di Sassari, che hanno utilizzato le più avanzate tecniche di sequenziamento del genoma. Allo studio hanno collaborato anche le Università di Pisa, di Bilbao e due centri americani: l’Università del Michigan e il National Institute on Aging di Baltimora.In soldoni: circa 3 miliardi di elementi (basi) del Dna, circa il 99,8%, sono uguali per tutti. Ma lo 0,2% differisce. Il Dna, infatti, varia da individuo a individuo in seguito ad "errori" durante la sua replicazione. Queste variazioni sono note come "mutazioni" che, quando riguardano le cellule deputate alla riproduzione sessuata, si accumulano di generazioni in generazioni. Il confronto tra i punti in cui le sequenze Dna differiscono tra individui o popolazioni in aree del mondo diverse (varianti genetiche) – spiega una nota dei ricercatori –, fornisce informazioni preziose su somiglianze, differenze, origine e relazioni passate, anche preistoriche.«Il nostro studio – spiega Francesco Cucca, direttore dell’Irgb-Cnr e docente di Genetica medica del dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Sassari – conferma che i sardi hanno nel loro Dna una serie di caratteristiche peculiari, ma rivela anche che posseggono la maggior parte della variabilità presente sul Dna del cromosoma Y degli altri popoli europei. È la singola popolazione che sembra racchiudere meglio le caratteristiche genetiche di tutti gli europei» e che si rivela «una risorsa preziosa, sia per studi evoluzionistici (come quello pubblicato su Science), sia per studiare i fattori genetici di rischio per malattie frequenti nell’isola e nel resto d’Europa».Così Paolo Francalacci, docente di Genetica del dipartimento di Scienze della natura e del territorio dell’ateneo sassarese, e primo autore dello studio, riassume il lavoro: «Abbiamo identificato nei cromosomi Y sardi, le varianti genetiche che permettono di risalire agli antichi progenitori che vivevano nell’isola e di collegare le varie linee ancestrali di questo cromosoma ad eventi di espansione demografica avvenuti nel passato». Quindi, «abbiamo ricostruito una serie di "stratificazioni" genetiche a partire dall’espansione demografica di un gruppo di individui avvenuta circa 8000 anni fa, fino ad arrivare ad apporti successivi nel Neolitico e in misura molto minore in epoca Romana e Vandalica».
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