mercoledì 6 febbraio 2019
Svelati i nomi dei 30 nuovi membri del Consiglio superiore di sanità, tra cui solo tre donne e lo scienziato “pro Stamina”. La ministra Grillo contro i sindacati: basta specialisti 70enni
Il ministro della Salute, Giulia Grillo (Ansa)

Il ministro della Salute, Giulia Grillo (Ansa)

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In una giornata già caldissima sul fronte della sanità – con il dibattito sul numero chiuso nelle facoltà di Medicina a farla da padrone, alimentando scontri e polemiche – ieri la ministra della Salute Giulia Grillo ha deciso di formalizzare le nomine del “suo” nuovo Consiglio superiore di sanità. Quello sciolto per intendersi, senza troppi convenevoli, lo scorso dicembre (con un anno buono di anticipo rispetto alla naturale scadenza), lasciando esterrefatti la metà dei suoi componenti.

Da capo, dunque, col “cambiamento” anche nell’organismo di consulenza tecnico scientifica del ministero che – stando a quanto anticipato da Grillo – avrà un ruolo molto più incisivo nella gestione delle problematiche della sanità italiana, dal rilancio della ricerca scientifica a quello del Servizio sanitario nazionale. Senza donne però, o meglio, soltanto con 3 su 30 componenti (contro le 14 della rosa precedente, un taglio secco delle “quote rosa” dal 50% al 10%): sono Paola Di Giulio, associato di Scienze infermieristiche dell’Università di Torino, Silvia Giordano, ordinario di Istologia dello stesso ateneo, e Maria Masucci, ordinario di Virologia del Karolinska Institutet di Stoccolma e membro della Commissione Nobel. Per il resto, qualche conferma (il direttore Scientifico dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù Bruno Dallapiccola e il direttore scientifico della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Giovanni Scambia), qualche “cervello” chiamato dall’estero (dal direttore dell’Istituto di neuropatologia di Zurigo, Adriano Agurzzi, all’ordinario di Medicina rigenerativa all’Università di Manchester, Giulio Cossu, fino a all’ordinario di Epidemiologia all’Imperial College di Londra Paolo Vineis) e la sorpresa dello scienziato Camillo Ricordi – anche lui operativo oltreoceano, a Miami – che nel 2013 si rese disponibile a sperimentare il discusso metodo Stamina di Davide Vannoni. Abbastanza per alimentare polemiche e mal di pancia da parte delle opposizioni e anche dell’ex ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. «È stato scelto – ha sottolineato Grillo – il top assoluto per esclusivi meriti scientifici e in trasparenza. Il merito dev’essere finalmente la bussola che orienta le nomine in questo Paese». «Insomma – il commento di Lorenzin – non ci sono donne che meritano per la ministra di essere considerate “top assoluto”».

Ma le polemiche di giornata non si sono fermate al Css. Tutt’altro. Sul tavolo della ministra, ormai da giorni, c’è il rinnovato allarme dei sindacati sull’emorragia dei medici pronti ad andare in pensione: una situazione aggravata dalla “quota 100”, che con la possibilità di uscire a 62 anni potrebbe concentrare in un solo anno l’uscita di tre scaglioni (i 62, i 63 e i 64 anni) per un totale di 25mila medici in uscita nel 2019. «I sindacati cosa vorrebbero? Che i medici continuino a lavorare affaticati nonostante l’età media sia fra le più alte in Europa? Non mi sembra corretto – ha detto ieri la ministra, rispondendo sull’allarme in questione –. Mi sembrano lacrime di coccodrillo. Non è facendoli lavorare fino a 70 anni che si risolve il problema, ma facendo entrare i giovani. Rivediamo quindi il numero chiuso che non è più adeguato ai tempi». Immediata la levata di scudi di tutte le sigle in rappresentanza dei medici: «Come si fa a dire che si piangono lacrime di coccodrillo su un problema che denunciamo alla politica dal 2010? Il ministro dimentica che in questi anni c’è stato un blocco delle assunzioni e il problema non è il numero chiuso a Medicina: già oggi abbiamo ben 10mila medici che vogliono entrare in specializzazione e vivono in un limbo formativo» controbatte Carlo Palermo, segretario nazionale Anaao Assomed. «Non si possono illudere i giovani, né aprire indiscriminatamente all’accesso – ha commentato il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli –. La carenza di medici si può risolvere solo con una programmazione mirata ed efficace, come chiediamo da almeno dieci anni, e con una riforma seria e articolata della formazione, che garantisca a ogni studente una borsa di specializzazione».

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