lunedì 26 giugno 2017
In tre giorni cinque danneggiamenti agli impianti irrigui in diverse località della Piana di Gioia Tauro. L'allarme degli inquirenti. «Li vogliono mettere in ginocchio». Ma i regazzi reagiscono
Cancello divelto in uno dei terreni confiscati

Cancello divelto in uno dei terreni confiscati

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Valle del Marro sotto tiro. Ormai è evidente. Dopo i due di venerdì scorso altri tre sabotaggi hanno colpito ieri la cooperativa sociale che coltiva terreni confiscati alla ’ndrangheta nella Piana di Gioia Tauro. E sempre contro gli impianti di irrigazione. Una vera escalation, non era mai successo in così poco tempo. E gli inquirenti sono molto preoccupati. Il prefetto di Reggio Calabria, Michele di Bari ha, infatti, convocato «d’urgenza» per oggi il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza. «Ho già messo in azione tutta una serie di misure – ci spiega –, la vicenda va seguita con molta attenzione. Non possiamo trascurarla. Il danno che hanno provocato è col moltiplicatore, vogliono mettere in ginocchio la cooperativa». Ne sono convinti anche soci e lavoratori della cooperativa. «Le mafie vogliono togliere l’acqua alle piante e la vita al territorio. Dobbiamo subito correre ai ripari», commenta Domenico Fazzari, presidente della Valle del Marro, nata 12 anni fa dalla collaborazione tra la diocesi di Oppido-Palmi e Libera, e col sostegno del Progetto Policoro della Cei.


Sotto attacco sempre gli impianti irrigui, poprio in un periodo di grande siccità. Nel comune di Gioia Tauro, in località Sovereto, dove la cooperativa coltiva diversi terreni confiscati e anche sequestrati, sono state saccheggiate le casette nelle quali erano custodite le centraline di comando degli impianti irrigui. In un terreno confiscato di 6 ettari, hanno portato via il dissabbiatore e altri componenti. Sull’appezzamento la cooperativa ha realizzato nel 2014 un impianto di clementine dopo avervi trovato, all’atto dell’assegnazione, niente altro che terra nuda, infatti dell’originario impianto di kiwi, compresi i pali, non c’era più traccia. Piante giovani, dunque, e per questo più "fragili", a rischio senza irrigazione. Ma i sabotaggi non si sono fermati qui. A poca distanza, su un terreno coltivato a kiwi - un bene sottoposto a confisca di secondo grado dove dal 2014 la cooperativa svolge servizi agricoli su incarico del Tribunale delle misure di prevenzione di Reggio Calabria - il furto ha riguardato il quadro elettrico e le quattro saracinesche, rendendo di fatto inutilizzabile l’impianto irriguo.


Nella stessa mattinata, un’altra amara scoperta sul luogo simbolo della cooperativa, il terreno in località Pontevecchio di Gioia Tauro, il primo ottenuto dalla Valle del Marro. Qui è stato rubato il motore del pozzo. «Questi furti mirati e ravvicinati nel tempo – sottolinea ancora Domenico, uno dei "ragazzi" cresciuti col parroco di Polistena, don Pino Demasi – lasciano immaginare il tentativo pianificato di compromettere il raccolto e scoraggiare l’impegno per il riutilizzo sociale dei beni confiscati». Azioni non a caso. «Le mafie non perdono occasione di colpire, quando percepiscono che nella società civile si abbassa la tensione su certe problematiche. Ho la convinzione che non cessino di cavalcare lo strisciante cinismo che oggi più che mai è presente nel mondo della comunicazione e che vorrebbe inaridire la spinta ideale necessaria alla lotta contro il fenomeno mafioso». «Siamo arrabbiati e amareggiati – aggiunge il vicepresidente Antonio Napoli – ma fiduciosi nell’azione di contrasto dello Stato e nell'indignazione della società civile che reagendo tempestivamente, può veramente porre fine al sistema mafioso».

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