giovedì 19 settembre 2019
160 lavoratori interinali senza cassa integrazione. il 4 ottobre vertice a Roma. Il vescovo Zedda: problema gestito male. I sindacati: servono garanzie sui posti
Lo stabilimento Rwm a Domunovas

Lo stabilimento Rwm a Domunovas

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È un negoziato difficile, quello che si è aperto sul futuro dello stabilimento della Rwm, fabbrica di armamenti bellici con stabilimento a Domusnovas, nel Sud Sardegna. Al momento non è prevista alcuna riconversione, dopo lo stop del Parlamento all’esportazione di armi verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, che ha messo a rischio 160 posti. Tocca alla politica, adesso, e la sensazione è che ormai la battaglia da locale sia diventata nazionale.

La Regione sarda ha infatti chiesto un incontro al ministero degli Esteri, confermato per il prossimo 4 ottobre a Roma, per chiedere compensazioni in termini di lavoro e commesse per Rwm, in quanto azienda considerata strategica nel sistema industriale bellico dell’Italia. I sindacati chiedono garanzie e della grande preoccupazione del territorio del Sulcis-Iglesiente, martoriato dalla disoccupazione, si è fatto interprete anche il vescovo Giovanni Paolo Zedda che, in questa vicenda dove molti volevano essere vincitori, salva soltanto i lavoratori, «unici perdenti, unicamente e malamente, in odore di licenziamento, senza neppure il conforto, per molti, degli ammortizzatori sociali».

Proprio questo è il punto: tra una settimana è stato convocato sempre a Cagliari un incontro tecnico, all’assessorato regionale del Lavoro, per trovare una soluzione di sostegno al reddito per i 160 lavoratori interinali a cui scadrà il contratto il 30 settembre prossimo. Proprio i lavoratori con contratti in somministrazione rappresentano il vero nodo da sciogliere, non avendo essi il diritto ad avere ammortizzatori sociali. «Attendiamo diverse risposte dal tavolo – dice Nino Dorso, segretario Cisl del Sulcis –. Abbiamo un nuovo governo e un sottosegretario sardo al ministero della Difesa (Giulio Calvisi, ndr): sperare in una soluzione positiva è doveroso, ma senza farsi illusioni».

Nei giorni scorsi era intervenuto il Comitato per la riconversione della fabbrica che, dopo essersi detto «soddisfatto per la sospensione di quel tragico collegamento tra l’Iglesiente e lo Yemen, che ha contribuito a generare la maggiore crisi umanitaria del secolo», ha aggiunto di sentirsi «sconfortato per il trattamento riservato alle maestranze. Richieste di riconversione sono state avanzate, fin dal maggio 2017» si sottolinea. Monsignor Zedda, che è anche delegato della Conferenza episcopale sarda per la pastorale sociale e la Caritas, ha espresso «il più preoccupato dissenso nei confronti della gestione del problema, a mio giudizio assai approssimativa ed unilaterale e non adeguata alla doverosa tutela del diritto ad un lavoro degno per tutti».

Nel dicembre 2018, la Conferenza episcopale sarda aveva preso posizione sul tema, chiedendo «un serio sforzo per la riconversione di quelle realtà economiche che non rispettano lo spirito della nostra Costituzione e dei trattati internazionali». La crisi occupazionale di Rwm si inserisce in un contesto drammatico per l’occupazione dell’isola. Le grandi industrie energivore infatti marciano a regime ridotto o sono in fase di riconversione in attesa del metano; la zona inquinata di questo territorio, il Sulcis-Iglesiente, è la più vasta tra quelle censite a livello nazionale, mentre disoccupazione giovanile sfiora il 50%: figli e nipoti in questa terra si 'salvano' solo con la pensione del nonno maturata dai minatori nelle viscere della terra.

Per questo, la vicenda Rwm che ha ormai un peso nazionale, con l’avvicinarsi dell’appuntamento di Roma a inizio ottobre, è la fotografia di una vicenda complessa, che richiede altrettante soluzioni complesse da parte della politica, la vera sconfitta di questi mesi.

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