mercoledì 19 agosto 2020
Depositate due interrogazioni al ministro della Salute Speranza per chiedere la revisione della contestata scelta di portare l’uso della pillola abortiva fuori dagli ospedali
Con la pillola abortiva si sta cercando di aggirare la legge 194 sull'aborto

Con la pillola abortiva si sta cercando di aggirare la legge 194 sull'aborto - Fotogramma

COMMENTA E CONDIVIDI

«La circolare del ministro della Salute alla vigilia di Ferragosto ha tutto il sapore del blitz di chi vuol far passare inosservata una vera e propria azione di manomissione della legge 194». È risoluta la critica della senatrice Paola Binetti (Udc) nei confronti della modifica delle linee guida sull’aborto farmacologico decise dal ministro Speranza, annunciate con un post sui social network e pubblicate il 14 agosto. La possibilità di assunzione dei farmaci abortivi in day hospital (e persino in ambulatorio o in consultorio) rappresenta una forzatura della legge sull’aborto, che – nel caso – andrebbe modificata dal Parlamento e non da un atto amministrativo. La legge infatti prevede che l’aborto debba avvenire in strutture ospedaliere, non certo nei consultori.

«Da anni – continua Binetti – sono depositati disegni di legge per la piena attuazione di una cultura della prevenzione e di sostegno alle donne che pensano di non avere alternative all’aborto: non sono mai stati calendarizzati o discussi. Oggi invece si mistifica radicalmente la finalità dei consultori: anziché farne punti attivi di prevenzione a servizio della donna e della vita, si vogliono trasformare in veri e propri luoghi e strumenti di morte».

Dopo la denuncia di Avvenire ieri, la senatrice ha subito depositato un’interrogazione per chiedere al ministro Roberto Speranza «se non ritiene urgente e necessario modificare la legge 194 attraverso il Parlamento, dal momento che linee di indirizzo, circolari, pareri scientifici non possono modificare il testo di legge a cui si riferiscono».

La senatrice centrista ricorda «i tre precedenti pareri del Consiglio superiore di sanità (Css) che portarono alla richiesta del ricovero ordinario» e la delibera dell’Agenzia italiana del farmaco nella quale si fa riferimento al «sensibile incremento del tasso di complicazioni in relazione alla durata della gestazione», e fa notare che nel suo parere di pochi giorni fa «il Css, nonostante citi tutte le argomentazioni che nei precedenti pareri avevano confermato le indicazioni della legge 194 sul fatto che l’aborto, incluso quello farmacologico, avvenisse in regime di ricovero ospedaliero, non dice assolutamente nulla sulle motivazioni per cui i tre pareri precedenti si ritengono superati».

Insomma, spiega ancora Binetti, «l’unica argomentazione riportata sembra essere "così fan tutti" nei vari Paesi europei», anche se «in Italia la legge 194, tuttora in vigore, comporta obblighi sanitari precisi». Come hanno spiegato ieri su queste pagine Eugenia Roccella e Assutina Morresi, i princìpi attivi dei farmaci in questione sono sempre gli stessi, non ci sono nuove evidenze scientifiche e – spiega Binetti – «la stessa attività clinica confermerebbe le ragioni di prudenza addotte in precedenza».

Molti dubbi anche sulla scelta di consentire l’assunzione della Ru486 fino alla nona settimana di gestazione – rispetto al limite precedente della settima – «senza fare riferimento al fatto che le complicanze dopo la settima settimana raddoppiano».

Sullo stesso tema un’altra interrogazione è stata depositata alla Camera a firma dei deputati Montaruli, Osnato, Varchi e Caretta (FdI), per chiedere al ministro Speranza «se non intenda ritirare le linee guida sulla somministrazione della Ru486 a fronte delle gravi carenze giuridiche», facendo riferimento alla legge sull’aborto ma anche agli atti dell’Aifa. «Le nuove linee guida – sostiene Augusta Montaruli – rappresentano un atto ideologico, che non ha fondamento nella sostanza a tutela delle donne, ma neppure nella forma, violando la legge 194 e basandosi su un atto illegittimo. Il ministro chiede alle Regioni di andare contro una delibera dell’Agenzia italiana del farmaco del 2009, che prevedeva le limitazioni recepite dalle precedenti linee guida: il regime di ricovero e il limite delle sette settimane. L’organo collegiale dell’Aifa (il consiglio amministrazione) non si è mai ulteriormente espresso con un’altra delibera e la determina del direttore generale non può certo confutarla».

Intanto prende forma il dissenso parlamentare rispetto alle nuove linee guida. «Sono totalmente contrario alla decisione del ministro – afferma il deputato Antonio Palmieri (Forza Italia) – che relega le donne in solitudine davanti a una scelta difficile come l’aborto, esponendo la loro salute a nuovi rischi in casa propria. Spesso sono situazioni di totale e drammatica solitudine, perché manca il tessuto familiare. L’annuncio della modifica delle linee guida è arrivato improvviso, forzando la legge sull’aborto. Se è vero che, come hanno sempre detto in molti, "la 194 non si tocca", allora non venga davvero toccata. Piuttosto, è giusto che sia interamente applicata, anche nella prima parte, impegnandoci tutti al massimo per aiutare le donne e prevenire la scelta dell’aborto».

Anche Gaetano Quagliariello (Idea) prende posizione, rimarcando la centralità della salute delle donne che «con queste nuove indicazioni non vengono tutelate a sufficienza. Le linee guida sono, appunto, soltanto delle linee guida, non regole obbligatorie. Cosi come quelle precedenti non sono state seguite da molte Regioni, con la stessa autonomia i governatori potranno fare scelte diverse. Senza guerre ideologiche, ma badando davvero alla salute».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI