venerdì 16 ottobre 2020
Il virus è arrivato anche tra i braccianti dei ghetti di Rosarno e San Ferdinando. Ventuno positivi nel campo container di contrada Testa dell’acqua
La baraccopoli di Rosarno

La baraccopoli di Rosarno - .

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Il coronavirus, come si temeva, è arrivato anche tra i braccianti dei ghetti di Rosarno e San Ferdinando. Ventuno positivi nel campo container di contrada Testa dell’acqua di Rosarno, dichiarato tre giorni fa zona rossa, fino al 20 ottobre, dalla presidente della Regione Calabria, Jole Santelli, uno degli ultimi provvedimenti firmati prima dell’improvvisa morte.

L’insediamento realizzato dopo la rivolta degli immigrati del gennaio 2010, contro lo sfruttamento e contro le violenze della ’ndrangheta, doveva essere temporaneo, ma è ancora lì, dimenticato da tutti, nell’area industriale di Rosarno. I 22 container per alcuni anni sono stati gestiti da un’associazione ma poi totalmente abbandonati da comune, regione e istituzioni nazionali. Ci vivono tra 80 e 120 persone, il numero non è certo, in completa autogestione. Per questo non si sa esattamente quanti siano. Fuori mucchi di rifiuti che vengono portati via ogni tanto, panni stesi, biciclette.

Qui nella scorsa settimana è comparso il Covid-19. Prima un caso all’inizio del mese, poi tre il 10 ottobre, infine dopo il tampone a tutti ne sono comparsi 21, tutti asintomatici. I positivi sono stati separati e ospitati in quattro tende piantate vicino al campo. Non è stato trovato niente di meglio. Gli altri restano nei container, in quarantena, fatta discretamente rispettare dagli uomini delle Forze dell’ordine messi in campo dalla Prefettura di Reggio Calabria. Accanto ai positivi e agli altri, oltre alla Asl, è sceso in campo il mondo del volontariato, Croce rossa, Emergency che da anni ha un ambulatorio a Polistena non lontano da Rosarno, il parroco don Roberto Meduri da sempre accanto ai braccianti immigrati, così come Bartolo Mercuri, 'papà Africa', presidente dell’associazione 'Il Cenacolo' di Maropati. La situazione sembra tranquilla.

Anche se è l’ennesima dimostrazione della perdurante e colpevole non gestione dell’accoglienza dei braccianti immigrati che ogni anno arrivano a Rosarno e negli altri paesi della Piana di Gioia Tauro per la raccolta degli agrumi. Per ora ne sono arrivati pochi e quindi l’emergenza è gestibile, ma quando ne arriveranno 2-3mila? Per questo c’è preoccupazione per la situazione di un altro ghetto, la tendopoli di San Ferdinando, realizzata per ospitare parte degli immigrati che vivevano nella baraccopoli sgomberata e abbattuta nel marzo 2019. Anche la tendopoli, prevista per 400 persone, doveva essere temporanea, ma non è stato realizzato, finora, nulla per il suo superamento.

Il sindaco di San Ferdinando, Andrea Tripodi, ha annunciato nei mesi scorsi l’imminente smantellamento. La collaborazione tra comune, prefettura, Caritas della diocesi di Oppido-Palmi e Cgil della Piana di Gioia Tauro, ha messo in campo un progetto per trovare case in affitto. Ma è ancora troppo poco. Nella tendopoli che è arrivata ad ospitare 800 persone, oggi ne vivono 270. Nei giorni scorsi sono stati riscontrati due positivi, anche loro asintomatici. Così si è deciso di fare il tampone a tutti. Ma due giorni fa solo 30 hanno accettato di farlo. C’è il timore di restare bloccati nella tendopoli, così come già accade nel campo container. «Ma noi dobbiamo andare a lavorare, siamo qui per questo», spiegano. Anche perchè proprio ora comincia la stagione della raccolta, nella quale è più facile lavorare. Sfruttati, come spesso accade, ma è comunque un reddito.

Così ci sono stati momenti di tensione ma non si è insistito. Si proverà comunque nei prossimi giorni a far capire che si tratta di tutelare la loro salute. Anche perchè sicuramente i positivi saranno più di due. E c’è un’altra preoccupazione. Quella che la notizia degli immigrati contagiati provochi reazioni tra la popolazione locale, che si gridi all’untore. Di tensioni nel passato ce ne sono state non poche e c’è già chi sta soffiando sul fuoco dell’intolleranza.

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