domenica 30 giugno 2013
Nuova emergenza tra Napoli e Caserta, nell’immenso sito di sversamento di Gaetano Vassallo, boss della camorra, oggi collaboratore di giustizia. Tutti terreni da anni sotto sequestro. (Antonio Maria Mira)
L'INTERVISTA Sirignano: «Via la popolazione dalle aree più colpite»
Guarda il video girato nella discarica in fumo
Il pm di Napoli Ceglie: malati e morti, in Campania la strage silenziosa (videointervista di Pino Ciociola)
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Prima i rifiuti tossici, poi il fuoco, quindi l’acqua. Disastro ambientale su disastro ambientale. È quello che da tre giorni sta accadendo, nel disinteresse generale, a Giugliano, enorme comune al confine tra le province di Napoli e Caserta. Qui giovedì pomeriggio qualcuno ha appiccato il fuoco alla discarica Novambiente, sequestrata nel 2009 all’imprenditore Gaetano Vassallo, uno dei "re" delle ecomafie, oggi collaboratore di giustizia. Un enorme concentrato di illegalità, veleni, sporchi affari. Per ore si è alzata una nera, densa e mefitica colonna di fumo che poi, spinta dal vento di mare, si è sparsa su tutti i comuni vicini. Ma anche sui campi coltivati, pescheti e fragole attorno alla discarica. Una cappa tossica lunga chilometri che ha coperto ancora una volta la "terra dei fuochi" sempre più "terra dei fumi". Solo l’intervento di ben quattro squadre dei vigili del fuoco, molto preparati per questo tipo di incendi, ha evitato un dramma ancora maggiore, bloccando le fiamme prima che raggiungessero l’impianto di captazione di biogas della Gesem, con conseguenze facilmente immaginabili. A bruciare, come abbiamo potuto vedere percorrendo le "colline" di rifiuti alte decine di metri, è stata la copertura in teloni di plastica pesante e i tubi di captazione del percolato, anch’essi in plastica. Ecco il motivo del fumo nero e tossico, sicuramente carico di diossine. Quelle che, purtroppo, gli abitanti di queste zone sono costretti a respirare per i quotidiani roghi di rifiuti industriali.Ma il peggio deve ancora venire, come ci ha spiegato allarmato Raffaele Del Giudice, per anni direttore di Legambiente Campania e ora presidente di Asia, l’azienda comunale di Napoli per i rifiuti. «I teloni servono soprattutto per evitare che la pioggia penetri tra i rifiuti, miscelendosi coi metalli pesanti e gli altri inquinanti, accelerando la fermentazione e facendo così penetrare il percolato velenoso nella falda acquifera sottostante». Anche perché lo stesso Vassallo ha ammesso di non aver fatto l’impermeabilizazione al di sotto della discarica. Insomma il disastro già in atto da anni potrebbe essere accelerato. E, purtroppo, quanto temuto da Del Giudice, innamorato della sua terra (è nato e vive in questa zona), si è avverato, con piogge torrenziali che nella serata di venerdì hanno inondato la discarica ormai senza protezione.Piove sul bagnato, sul bruciato, sull’inquinato. Con tante, troppe responsabilità. Come minimo di sottovalutazione. Ci troviamo, infatti, in una delle aree più inquinate d’Italia, dichiarata Sito di interesse nazionale dal Ministero dell’Ambiente, dove sarebbe prioritaria la bonifica che, invece, non si fa. Dall’alto della discarica, ormai completamente nera, possiamo osservare lo scempio. Qui tra i comuni di Giugliano e Parete, nelle località Tre Ponti e Masseria del Pozzo, è un concentrato di enormi discariche, in gran parte sotto sequestro, come la Resit di Cipriano Chianese, l’altro "re" delle ecomafie attualmente sotto processo (lui non è "pentito") anche per l’avvelenamento delle falde, provocato, come più volte ricordato, perfino dai rifiuti provenienti dall’Acna di Cengo in Piemonte, l’unico sito bonificato in Italia, ma portando qui i suoi veleni. Discarica più volte incendiata. Così come la Novambiente. Un primo incendio ci fu nel giugno 2010, un secondo nel maggio 2012. Quello di giovedì ha completato il lavoro. Tutti appiccati nella stessa zona, nascosta, lontana dalla strada. Si vogliono distruggere prove o è una sorta di sabotaggio? Eppure malgrado questi precedenti, malgrado il sequestro penale, malgrado l’alta pericolosità della zona, qui non si vedono recinzioni, tanto meno telecamere di videosorveglianza. E, assurdo, neanche prese d’acqua in caso di incendi, che qui non sono certo mancati. Così tre giorni fa i vigili del fuoco dopo aver finito l’acqua delle autobotti si sono dovuti rifornire dall’unica bocchetta dell’impianto della Gesem. E meno male che c’era.

Prima della pioggia l’immagine che abbiamo osservato era da vero e proprio inferno. Colline nere, plastiche squagliate, tubi spezzati o aggrovigliati. Ancora qualche focolaio, tenuto sotto controllo da un unico operaio della Gesem, ormai disperato. Da alcuni tubi piantati nel terreno esce fumo. È la discarica che brucia all’interno o è qualche reazione chimica? Non sarebbe una novità. Anche la Resit fuma da anni, e non per gli incendi. E così altre discariche della zona, a conferma che in mezzo ai rifiuti urbani gli imprenditori delle ecomafie hanno messo di tutto. Ben pagati. Infatti sia Vassallo che Chianese hanno lavorato per anni per i commissari per l’emergenza rifiuti, offrendo i loro enormi "buchi", incassando fondi pubblici (ma anche quelli degli industriali del Nord) e avvelenando queste terre.

Il ripetersi degli incendi delle discariche preoccupa. A poche centinaia di metri si trova l’altro simbolo del disastro ambientale campano, l’interminabile sito di Taverna del Re, cinque milioni di ecoballe (una tonnellata ciascuna), impilate in piramidi che cominciano a dare segni di cedimento. Materiale altamente infiammabile. E anche qui sorveglianza e prevenzione sono quasi a zero. Giovedì qualcuno aveva ammucchiato decine di copertoni vicino alle prime piazzole. Pronti per un rogo? Con quali conseguenze?

E come sempre al dramma ambientale si associa quello umano. Abbandonando la Novambiente passiamo davanti a un campo rom. Sì, proprio davanti alla discarica. E a pochissimi metri. Qui da tre mesi sono stati "parcheggiati" circa quattrocento rom, la metà minorenni. Prima vivevano su una vecchia discarica abusiva nell’area Asi. Poi sono stati "sfrattati" e hanno vissuto per sei mesi accanto allo svincolo dell’asse mediano. Infine la scelta di trasferirli qui, in mezzo alle discariche più pericolose, forse sopra una abusiva: rifiutati tra i rifiuti. Sono loro che giovedì hanno respirato il peggio che l’incendio ha provocato. Ma non protestano, anzi alcuni di loro frugano tra la cenere alla ricerca di qualche metallo da recuperare.

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