mercoledì 22 aprile 2020
La festa della Liberazione è anche un ritorno alle radici «Il Covid, come la guerra, ci interroga su qual è il vero bene: il rispetto della vita»
Giorgio Diritti sul set di “Volevo nascondermi”, il film su Ligabue con Elio Germano

Giorgio Diritti sul set di “Volevo nascondermi”, il film su Ligabue con Elio Germano - .

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Ripensare alla propria vita con coraggio e speranza. È il senso più profondo del 25 aprile 2020: si celebrano i valori della Resistenza ma si va oltre. La festa della Liberazione stavolta è un richiamo forte alla ricostruzione morale e materiale dell’Italia devastata dalla pandemia. C’è un’analogia con quello che accadde 75 anni fa. «Perché il Covid, come la guerra, ci suggerisce una domanda: qual è il vero bene per l’uomo? Dobbiamo avere la capacità di fermarci in tempo per riflettere su questo: certo, è importante mangiare, vivere in un ambiente sano, lavorare... ma non come all’Ilva di Taranto dove si muore... E poi?». Per Giorgio Diritti, regista e sceneggiatore bolognese, allievo di Olmi ed Avati, autore di film come L’uomo che verrà , sulla strage di Marzabotto vista da una bambina e di Volevo nascondermi , che racconta del pittore Antonio Ligabue, «è necessario recuperare il valore della dignità umana». «Bisogna avere il coraggio di andare fuori dalle logiche abituali – dice – perché se ogni cittadino avesse avuto una casa con un pezzo d’orto, per esempio, forse la prigionia forzata del lockdown avrebbe avuto un altro significato».

Gli italiani comunque hanno dimostrato di essere capaci di fare sacrifici. Un bell’esempio anche per il 25 aprile che sarà festeggiato da balconi e finestre. Per lei che vuol dire questa data?
La Liberazione è segno di una cosa fondamentale: ci ricorda una guerra assurda e disvalori assoluti. Va sempre tenuto presente cos’era il nazismo. E stare con gli occhi aperti, continuare a lottare ogni giorno con la stessa tensione emotiva contro pericolose forme di razzismo. E non solo quelle eclatanti perché ci sono discriminazioni sottilmente presenti nella nostra quotidianità.

Per esempio?
Quando si considerano gli anziani come uno scarto. Sono cose che a me feriscono. L’uomo è uomo sempre, fino all’ultimo respiro, e questo vale anche per i malati. Ecco, il 25 aprile ci deve richiamare anche a questo. E da qui dobbiamo ritrovare l’unità.

I politici però litigano. In Italia e in Europa c’è una divisione profonda, ognuno guarda ai propri interessi, non si riesce a trovare un accordo sul “dopo” e tanto meno una solidarietà.
Sì, ma le divisioni a livello di economia mondiale ci sono sempre state, forse prima erano più nascoste. C’è sempre stata anche una competizione viziata da discriminazioni. Guardiano all’Africa che l’Occidente ha sfruttato e usurpato impedendone lo sviluppo. Poi gli africani arrivano da noi e vengono emarginati dal razzismo. Siamo stati incapaci di accoglierli ma anche di dare loro gli strumenti veri per restare lì. A parole è stato detto, ma è diventato uno slogan a cui si attacca il razzismo....

E a casa nostra? Si discute ancora sulla “fase 2”, le posizioni sembrano distanti.
Ma il coronavirus ha messo la politica a nudo. Ora la gente ha verso la politica un’attenzione maggiore che nel passato. Perché prima si discuteva su tematiche marginali e adesso invece si deve decidere come uscire dalla crisi. E chi avrà la capacità di inventare e di fare, chi salverà veramente il Paese con scelte di sviluppo, sarà riconosciuto. Non chi parlerà male degli altri e basta.

“Tutti noi siamo ciò che ci hanno insegnato ad essere”. Lo dice un gerarca nazista a un prete prima di fucilarlo: è una delle scene più toccanti del suo L’uomo che verrà. Ma sono parole vere, che mettono al centro il valore della tradizione, che è necessaria a ricostruire un Paese.
Evoluzione non è azzeramento, sarebbe estremismo assolutistico, come il regime di Pol Pot. Ma in quella frase c’è anche il valore dell’educazione. Ecco, il coraggio e la speranza. Dover rinascere, reinventare la società significa tener conto della tradizione. Ma se continuiamo col consumismo sfrenato saremo consumati. Ci vuole più equilibrio. Purtoppo, lo spirito imperante oggi è “molto apparire” e non “essere”.

Il cinema ci potrà aiutare anche nella seconda ricostruzione del-l’Italia come fu con il neorealismo nel Dopoguerra?
I tempi sono molto cambiati. Allora il cinema era tutto, oggi con internet e la tv è una piccola parte della comunicazione. Però il cinema, oltre ad intrattenerci e a distrarci (come una doccia quando si è accaldati) può darci anche una traccia utile, può dare energia, fiducia sulla strada da seguire, smuovere gli animi nel profondo. E anche aiutare le famiglie e la società favorendo la partecipazione.

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