martedì 31 marzo 2020
Il 31 marzo 1995 l'omicidio del direttore dell'Ufficio del Registro di Foggia che lottava contro mafie e corruzione. L'impegno della figlia Daniela, vicepresidente di Libera, malgrado non abbia avuto giustizia
Francesco Marcone

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"Io non ho mai perso il mio sogno. Tornare indietro nel tempo per capire chi ha ucciso mio padre e vederlo buttare la pistola lontano". Dopo 25 anni è ancora questo il sogno di Daniela Marcone. Il 31 marzo 1995 il papà Francesco Marcone, direttore dell’ufficio del Registro di Foggia, venne ucciso sotto casa con due colpi di pistola. Lottava contro la corruzione e la "mafia del mattone". Un "eroe borghese" del Sud. "Ricordo soprattutto la sua terribile immobilità, la percezione immediata che non ci fosse più nulla da fare". Così ci raccontò più di quindici anni fa.

Ma Daniela ha deciso che qualcosa andava fatto, per tenere in vita la memoria del suo papà e di tutte le vittime innocenti delle mafie. L'impegno con Libera, della quale è vicepresidente nazionale, accanto a don Luigi Ciotti e accanto a centinaia di familiari ai quali, come a lei, la violenza mafiosa ha strappato i propri cari. "Il mio impegno è qualcosa di molto profondo, è ormai la radice del mio intimo e mi auguro di avere le energie per andare avanti", erano state le sue parole nell'intervista che facemmo nel 2004. E le energie le ha trovate, lei e il fratello Paolo.

In un territorio difficile come il Foggiano, dove hanno deciso di restare e dove le mafie ci sono e non da ora. L'Italia lo ha scoperto il 9 agosto 2017, quando nell'agguato a San Marco in Lamis al boss Mario Luciano Romito vennero uccisi anche i due fratelli contadini Aurelio e Luigi Luciani, vittime innocenti. Francesco Marcone le combatteva tanti anni fa. Così come Renata Fonte, assessore alla cultura del comune pugliese di Nardò, uccisa anche lei il 31 marzo del lontano 1984, perchè si opponeva alla speculazione edilizia nella splendida area di Porto Selvaggio. Francesco Marcone sapeva di essere in pericolo. "Papà forse se lo sentiva - ci raccontò ancora Daniela –. Aveva già preparato le fotografie, i documenti per l’assicurazione sulla vita. Per agevolarci in caso di morte. Ma non per questo si era tirato indietro".

Anche lei non si è tirata indietro. Soprattutto per chi, come lei, non ha ancora avuto verità e giustizia. "È importante ricordare tutti i loro nomi - ci dice con convinzione - non solo per piangere. Il dolore è giusto, ma ci deve far fare uno scatto in avanti. Mio padre amava la sua terra, lo Stato, fino a dare la vita. Tocca a tutti noi ora darci da fare". Perchè, insiste, "la memoria serve a colmare le lacune che la storia ci consegna. Il passato raccontato bene, forse, può riscattare il nostro presente e proteggere il nostro futuro". Per combattere le mafie, ma anche l'indifferenza, i silenzi, le omertà che hanno coperto la morte del papà. Così nel Foggiano, anche nell'area più difficile del Gargano, sono nati presidi di Libera e associazioni antiracket. Il 21 marzo 2018 si tenuta proprio a Foggia la manifestazione nazionale della Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie organizzata da Libera e Avviso Pubblico. E crescono le realtà che gestiscono beni confiscato, riempiendoli di nuova vita. È la memoria di Francesco e l'impegno di Daniela e Paolo che danno frutti.

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